Monza, 27 ottobre 2022 - Lo spacciatore entra nei Boschetti del Parco di Monza o in uno dei tanti giardinetti pubblici di cui è disseminata la città, si guarda in giro, adocchia il potenziale cliente. E intavola una trattativa. Non ha la droga addosso, solo piccole quantità: quella va a prenderla in un secondo momento, magari se la fa portare da un complice. Spesso è nascosta nelle vicinanze, sotto le panchine, fra i cespugli, nel sottopasso più vicino. La parola d’ordine è “parcellizzare”, per ridurre eventuali perdite in caso di sequestro e far passare per uso personale la quantità intercettata dal carabiniere, dal poliziotto, dal vigile urbano di turno.
Spesso c’è una “sentinella”, magari reclutata fra gli stessi clienti abituali, pronta a dare l’allarme se le divise si avvicinano troppo. Al Parco pochi anni fa i carabinieri avevano arrestato una settantina di persone che ne avevano preso possesso. È una lotta dura quella contro lo spaccio di sostanze stupefacenti, che affiora come un fiume carsico, aggiornando la mappa di inchiesta in inchiesta, di arresto in arresto. Il centro di tutto parrebbe sempre gravitare attorno alla stazione ferroviaria, a reggere le fila spesso sono albanesi, abbastanza scaltri però da sparire e rimpatriare prima di lasciare troppo tracce. Perché a vendere invece al dettaglio è la manovalanza, la vera “carne da macello”, costituita da piccoli pusher africani facilmente sacrificabili.
In stazione un paio di anni fa i carabinieri avevano arrestato un gruppo di cinque nordafricani, il loro capo tale “Bourghiba“, soprannome di battaglia preso in prestito da un leader della storia tunisina, anche se lui in realtà era un marocchino. Abili ad avvicinare i ragazzi più giovani, a fidelizzare offrendo hascisc e marijuana a buon prezzo. Ma soprattutto a piazzare l’eroina, ritornata ormai alla grande sul mercato. Avvertiva Giovanni Galimberti, direttore del SerD, il Servizio Dipendenze dell’Asst di Monza: "Bastano 2 o 3 euro per una dose, gli spacciatori fanno marketing convincendo che non è più necessario “bucarsi”, l’eroina si può inalare e fumare". Il problema è che la dipendenza arriva a passo di carica dopo poche dosi consumate. E si passa al “buco” senza quasi accorgersene. L’ultima inchiesta in stazione era nata dalla denuncia di due genitori disperati per la loro “bambina”: a 17 anni era diventata già una consumatrice incallita. Ma non c’è solo l’eroina.
Le cosidette droghe leggere possono essere il passepartout per entrare nel mondo delle dipendenze, ma sono cambiate. Profondamente diverse da quelle in circolazione 30 o 40 anni fa. "Oggi sono potenziate con altre sostanze" avvertiva sempre il direttore del Serd. Una delle quali, la cosiddetta “Gardella”, un mix fra hascisc e marijuana, era stata scoperta nel 2019: una maxi-inchiesta della polizia aveva portato a 53 arresti ai giardinetti di via Azzone Visconti, ormai diventato fulcro dello spaccio in città. Ma da allora gli spacciatori si sono rigenerati, hanno riempito le fila svuotate dall’inchiesta Dedalo, e sono passati ad altri giardini: via Gramsci e via degli Artigianelli i più gettonati.
Le risse che periodicamente esplodono in queste aree sono sintomo dell’irrequietezza dei pusher, sempre a caccia del predominio del territorio. Nigeriani, gambiani, abitanti del Gabon, ghanesi da un lato; marocchini, tunisini, egiziani dall’altro per lo più. Hascisc e marijuana potenziate (anche dell’80%), eroina ma anche cocaina (costo medio 50 euro al grammo) le sostanze più consumate. Ma la verità – avvertono gli investigatori – è che i clienti spesso non sanno neanche quello che prendono. "Gli dicono eroina, o cocaina, ma è tagliata spesso tante di quelle volte e con sostanze di qualità così infima che non rischi tanto per la droga, ma per quello che è diventata".