DARIO
Cronaca

Galliani, il calcio e un colosso dai piedi d’argilla

Crippa Quando si cade da una grande altezza, il tonfo è più forte. Al Monza Calcio è andata così. Salito...

Crippa Quando si cade da una grande altezza, il tonfo è più forte. Al Monza Calcio è andata così. Salito...

Crippa Quando si cade da una grande altezza, il tonfo è più forte. Al Monza Calcio è andata così. Salito...

Crippa

Quando si cade da una grande altezza, il tonfo è più forte. Al Monza Calcio è andata così. Salito vertiginosamente dagli abissi del calcio semi-professionistico fino alla Serie A, in 12 mesi è retrocesso ignominiosamente.

Attenzione però, nel calcio retrocedere è tutt’altro che inusuale. Il problema sono i contorni. Con una proprietà con ricavi nel 2023 a quasi 4 miliardi di euro, la squadra di Silvio Berlusconi, dopo la sua morte, è stata progressivamente smantellata per rientrare almeno parzialmente dei costi di un’impresa economicamente fallimentare. Tagliando i rami potenzialmente fruttuosi e condannando un club già all’ultimo posto anche a rischio di falsare il campionato. Con spregio di tifosi e sponsor.

In questo scenario mai visto, il deus ex machina di questa dis-avventura, l’amministratore delegato Adriano Galliani, è sparito dalle scene, evidentemente in imbarazzo e sofferenza personale per una situazione che è stato costretto a subire. Dopo 31 anni di successi (al Milan), per Silvio e Adriano sarebbe dovuto essere l’ultimo valzer a cavallo degli 80 anni. È così è stato. In sei anni il Monza è stato portato dove non era mai stato. Poi, quando il Cavaliere è morto, il progetto si è rivelato un colosso dai piedi d’argilla. Galliani, che è nel cda Fininvest, si è dato alla macchia in maniera tale da far inferocire i tanti monzesi che avevano creduto in lui, anche alle ultime elezioni, spingendolo fino in Senato. Ora però che il sogno è infranto, come scriveva Garcia Marquez, ormai “nessuno scrive al colonnello”. Senza il quale il Monza non avrebbe mai vissuto quella massima serie che non appartiene a un territorio che non ha quasi mai voluto investire sul calcio. E che ora, dopo aver perso il Volley, migrato a Milano, e non essere riuscito a dare ospitalità neppure alla sua gloriosa squadra di hockey, costretta a barcamenarsi fra Biassono e Seregno, si prepara a un nuovo oblio sportivo. Autodromo a parte.