Farinacci, morte di un gerarca in Brianza

Il turbolento ex segretario del partito fascista e squadrista venne processato a Palazzo Trotti nel 1945 e fucilato nella piazza della città

Migration

di Dario Crippa

Lo processarono nella sala del consiglio comunale, a palazzo Trotti. Meno di un’ora di “dibattimento”, nella giuria i familiari dei 5 giovani partigiani fucilati pochi mesi prima al campo di aviazione di Arcore. Una condanna a morte quasi scontata, anche se decisiva risultò la posizione di comunisti e socialisti, mentre i rappresentanti di Democrazia Cristiana e Partito Liberale propendevano per consegnarlo agli Alleati. La condanna venne eseguita di lì a poco, il 28 aprile 1945. Portato nella piazza principale di Vimercate, rifiutò di farsi bendare e pretese di essere fucilato al petto come i militari. Non gli fu concesso. Messo al muro, riuscì a divincolarsi e a girarsi, costringendo i partigiani a sparare in aria.

Alla seconda scarica però venne colpito al petto. Raccontano le cronache che prima di morire le sue ultime parole siano state "Viva l’Italia". Sepolto inizialmente a Vimercate, nel 1956 la famiglia ottenne di farne trasferire le spoglie nella tomba di famiglia a Cremona. Questa la fine, nel cuore della Brianza, di uno dei gerarchi fascisti più celebri, Roberto Farinacci, il Ras di Cremona. Lo avevano catturato qualche giorno prima mentre, in fuga con altri fascisti, aveva fatto una deviazione per recarsi a Oreno insieme alla marchesa Maria Carolina Vidoni Soranzo in Medici del Vascello, segretaria dei Fasci femminili, che lì aveva una sorella. Si portava dietro 12 valigie piene di soldi e gioielli. Erano ormai le ultime ore del Fascismo, ma prima del 25 Aprile Farinacci era stato un uomo molto importante nel Regime. Nato a Isernia nel 1892, figlio di un commissario di polizia, di fatto cresciuto a Cremona, si era fatto notare come interventista nella Prima guerra Mondiale. Spirito aggressivo e inquieto, si era avvicinato al Socialismo prima e al Partito Popolare poi. Nel 1915 era stato iniziato alla Massoneria, da cui peraltro venne espulso successivamente per indegnità. Ferroviere e giornalista, si avvicinò a Benito Mussolini e trovò alla fine la sua dimensione nel Partito Fascista, con cui venne eletto alla Camera nel 1921. Alla prima seduta della Camera, Farinacci prese parte all’aggressione di un deputato comunista. Dal Parlamento si ritrovò peraltro cacciato appena un anno più tardi, quando si scoprì che al momento dell’elezione era sotto l’età minima di trent’anni. "Voi mi cacciate da quest’aula, ma io vi caccerò dalle piazze d’Italia!" scrisse su uno dei giornali coi quali collaborava e che aveva contribuito a fondae a Cremona. Soprannominato l’Onorevole “tettoia“ dalla stampa satirica, perché era stato esonerato dal servizio militare come ferroviere, si era poi laureato nel 1923, acquistando la tesi però (si sarebbe scoperto più tardi) da un altro studente. Eletto nuovamente alla Camera nel 1924, fu tra i parlamentari che più volte interruppero il discorso di Giacomo Matteotti nel quale il deputato socialista (poi ucciso) accusava i fascisti di aver vinto le elezioni con brogli elettorali. Esponente dell’ala più estremista del partito, ne divenne presto il segretario. Sarebbe entrato in conflitto con lo stesso Mussolini, che lui stesso aveva più volte accusato di essere troppo "morbido". Lo squadrismo sempre più acceso di Farinacci costrinse il Duce a imporgli le dimissioni dalla segreteria nel 1926. Sarebbe stato reintegrato nel Gran Consiglio Fascista nel 1935. Con la guerra d’Etiopia, "il selvaggio Farinacci" (com’era affettuosamente chiamato dai suoi fedelissimi) il 7 febbraio 1936 partì volontario come tenente dell’aviazione. Sarebbe stato costretto ad atterrare in territorio nemico da un errore di rotta, costringendo ad andare a salvarlo lo stesso Bruno Mussolini, figlio terzogenito del Duce e aviatore. Non fu l’unica disavventura della sua vita turbolenta: perse una mano in un incidente mentre pescava con una bomba a mano, anche se inizialmente riuscì a far passare l’episodio come un evento di guerra, tanto da ricevere una pensione. Quando Mussolini venne a scoprire come erano andati veramente i fatti, pare che riuscì a costringerlo a devolverla in beneficenza.

Dopo una iniziale diffidenza nei confronti di Hitler, Farinacci ne divenne un fiero sostenitore utilizzando i giornali che dirigeva per propagandare l’antisemitismo e le leggi razziali. Sarebbe divenuto un grande sostenitore anche dell’intervento nella Seconda guerra mondiale, convinto che la Germania avrebbe vinto in breve tempo, meritandosi anche l’appellativo de "Il tedesco". Quando le cose precipitarono, difese fino all’ultimo Mussolini opponendosi alla mozione che nel 1943 il Gran consiglio del Fascismo votò per destituirlo. Della sua fine abbiamo detto. Pare che, quando fu fermato dai partigiani, avesse provato a corromperli pronunciando la frase: "Quanti milioni volete?". "Vogliamo la tua pelle", fu però la risposta.