Dario Crippa
Cronaca

Così Fulvio Pea salvò il Monza dalle “combine”

Ulizio e Pagniello tenuti alla larga

Pea e Ulizio

Monza, 23 maggio 2015 - "Non c'è nessuna disponibilità... nessuna disponibilità da lui.. zero... ma Mauro quando dico zero proprio, c’è una BMW anche per te... non voleva le macchine".

Morris Pagniello è sconfortato nel riferire a Mauro Ulizio, direttore generale del Monza, che la combine che vorrebbero organizzare per truccare la partita a Bassano non s’ha da fare.

Fulvio Pea, dicono gli stessi magistrati nella ricostruzione dei fatti, "rifiutava di vendersi ai soliti combinatori, rifiutando pure l’offerta di tornaconti economici personali". La vicenda, tuttavia, non andò proprio così. La clamorosa verità è che Ulizio e compagni, oltre che disonesti, erano millantatori.

Fulvio Pea non rilascia dichiarazioni ufficiali, in attesa che il giudice lo convochi per deporre sui risvolti brianzoli dell’inchiesta “Dirty Soccer“ sul calcio scommesse. Però fa capire. Proviamo allora a raccontare cosa accadde lo scorso dicembre, quando nel corso della presidenza lampo di Dennis Bingham si tentò di trascinare anche i biancorossi nel giro di scommesse e partite truccate ordite da un gruppo di malavitosi, ’ndranghetisti e brutali finanziatori dell’Est.

Il Monza, dopo la fuga del presidente Anthony Emery Armstrong, sta sbaraccando. I giocatori se ne andranno uno dopo l’altro. A Ulizio e ai suoi sodali viene in mente di provare a truccare qualche partita: per Monza-Torres va subito male, i giocatori in uscita ci tengono troppo a raccimolare nuovi ingaggi e lo stesso Bingham, arrivato da appena quattro giorni, non sembra convinto.

Ci si riprova il turno successivvo, per la gara col Bassano. Ulizio e l’australiano Morris Pagniello, discusso talent scout, non hanno però presa sullo spogliatoio. L’unica carta è convincere mister Pea a passare dalla loro parte. Ma - questa è la verità - con Pea non arrivano nemmeno a parlare. Nessuno osa farsi vedere, la fama di uomo integerrimo dell’allenatore ligure tiene tutti fermi.

"Avrebbero preso un cazzotto sul muso", sussurra Pea. Pagniello finge solo di averci parlato. Ci sarebbero delle intercettazioni in cui addirittura Pagniello sosterrebbe: "Ho provato ad addolcirlo, abbiamo amici in comune...". Nulla di vero. Con Pea non ha davvero nulla in comune, tanto meno degli amici. Anzi, Pea e Pagniello si vedono davvero una sola volta, nell’unico giorno in cui di fatto il faccendiere si presenta in ufficio al centro sportivo Monzello.

Ad andare ad affrontarlo, è lo stesso Pea. Appena insediatosi a Monza, infatti, Pagniello ha fatto mettere in giro la voce che Pea sarebbe a rischio esonero. Al suo posto, sarebbe candidato l’allenatore Ninni Corda, forse più malleabile (sottoposto a fermo nell’inchiesta Dirty Soccer per altre partite vendute). Pea non capisce: il suo Monza va bene, perché metterlo in discussione? La richiesta di spiegazioni, però, cade nel vuoto. Pagniello getta fumo. Sarà la storia a dire perché. La verità è proprio la natura di Pea, uno che quando si presenta alla sua nuova squadra dice solo: "Sono una persona sana, pulita, onesta, un grande lavoratore". Non fatica a crederlo chi lo ha conosciuto in un’annata balorda come questa, nella quale Pea si è ritrovato ad allenare tre rose (76 giocatori!), a spalare la neve, a far la doccia al freddo e al buio perché nessuno pagava la bolletta di luce e gas. A comprare da mangiare e a servirlo a tavola ai suoi ragazzi. E il tutto per passione, senza prendere più di mezzo stipendio in un anno.