
Un’aula del Tribunale di Monza
Monza, 17 novembre 2021 - Anche l’associazione che ha portato alla luce la vicenda, oltre che la presunta vittima, sono parti civili nei confronti dei 5 agenti di polizia penitenziaria accusati di avere picchiato nell’agosto 2019 un detenuto all’interno del carcere di Monza. Ma la difesa degli imputati si oppone. Si è aperto così ieri al Tribunale di Monza il processo che vede contestate a vario titolo le accuse di lesioni aggravate, falso, calunnia, violenza privata, abuso d’ufficio e omessa denuncia. Il detenuto è un italiano che stava protestando perché voleva essere trasferito da Monza in un’altra casa circondariale.
A presentare un esposto alla Procura di Monza è stata l’associazione "Antigone", che si occupa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario, dopo avere avuto notizia del presunto pestaggio da un famigliare del detenuto. Secondo l’accusa il detenuto, che da una settimana stava facendo lo sciopero della fame, stava per essere riportato in cella in barella dall’infermeria del carcere monzese quando è stato colpito a pugni e schiaffi da un agente mentre altri lo tenevano fermo. Per poi farlo cadere dalla barella una volta arrivati in cella. Il detenuto sarebbe stato lasciato lì dolorante, con gli occhi lividi, il volto tumefatto e un dente rotto. E in seguito mandato in cella di isolamento, dopo essere stato costretto a dichiarare che era stato lui ad essere stato aggressivo con gli agenti di polizia penitenziaria.
C’è un video dell’accaduto estratto da alcune telecamere nei corridoi del carcere di Monza che mostra l’agente che schiaffeggia il detenuto ma, secondo la difesa degli imputati, le telecamere non hanno ripreso, per un cono d’ombra nella registrazione, il momento precedente in cui il detenuto avrebbe sferrato un calcio al volto di un agente. A dire degli imputati le lesioni non sono state causate da una violenta aggressione da parte degli agenti, che sostengono di avere soltanto "contenuto" il detenuto dopo che ha opposto resistenza, ma dalla caduta dopo il trasferimento in cella e da un’azione di successivo autolesionismo messo in atto dal detenuto.
Nell’esposto presentato da "Antigone" veniva ipotizzato anche il reato di tortura a carico degli indagati e la responsabilità di un medico penitenziario per rifiuto di atto di ufficio, ma la posizione del medico è stata archiviata e anche il reato di tortura è stato escluso. All’udienza preliminare già la difesa degli imputati si era opposta alla costituzione di parte civile di Antigone, ma il giudice l’aveva ammessa. Ora la stessa questione è stata riproposta al dibattimento e il Tribunale si è riservato di decidere il 2 marzo.