Demenza senile, il virus è devastante: si guarisce nel corpo, ma non nell’anima

La psicologa Cristina Villa spiega cosa accade quando saltano i punti di riferimento

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Erano fragili già prima della pandemia ma, circondati da quelle figure note che organizzavano la loro giornata, si sentivano al sicuro. Poi sono arrivati il Covid, la solitudine, il non poter incontrare e abbracciare i parenti (se non dallo schermo di un pc), e per qualcuno anche il virus e il ricovero in ospedale.

Sono gli anziani fragili, quelli che già presentavano patologie quali la demenza senile, ad aver patito di più l’isolamento.

"Anziani con demenza, in equilibrio prima del Covid, si sono scompensati, sconvolgendo l’equilibrio già precario delle loro famiglie - spiega Cristina Villa (nella foto), psicologa dell’invecchiamento e Responsabile Humanitude Italia, che promuove una nuova modalità di relazione tra curato e curante - Chi viveva a casa spesso si è ritrovato senza badante; febbraio, quando è scoppiata la pandemia, è il mese che molte badanti straniere scelgono per le ferie. Tra difficoltà nel trovare sostitute e centri diurni a lungo chiusi, il familiare che prima si affidava almeno per mezza giornata ad aiuti esterni ha dovuto riorganizzarsi". Non è stato facile neppure per le persone accolte nelle Rsa che da quasi un anno ormai hanno dovuto rinunciare ad attività di animazione e condivisione, confinate nelle loro stanze.

"Una persona con decadimento cognitivo non è in grado di comprendere cose nuove. Prova confusione e disorientamento di fronte a uno schermo da cui sbuca il volto e da cui esce la voce del familiare. È svilente per il paziente e per il familiare che, non ricevendo il riscontro sperato, affronta con disagio emotivo l’incontro virtuale. La stessa esperienza frustrante è vissuta dagli operatori". Anziani spesso salvati dal Covid ma devastati nel loro mondo interiore.

Barbara Apicella