STEFANIA TOTARO
Cronaca

Delitto di San Rocco, la conferma: "Gambino non era il mandante"

Respinto il ricorso presentato dalla Procura generale, assoluzione definitiva per il vicino della vittima

Delitto di San Rocco, la conferma: "Gambino non era il mandante"

Delitto di San Rocco, la conferma: "Gambino non era il mandante"

Assolto con sentenza definitiva il presunto mandante e istigatore dell’omicidio del pusher commesso da due baby killer per rapinare 5 grammi di cocaina. La Corte di Cassazione ha infatti respinto il ricorso presentato dalla Procura generale per Giovanni Gambino, 44enne tossicodipendente monzese vicino di casa e amico del 42enne Cristian Sebastiano, ucciso il 29 novembre 2020 con una trentina di coltellate da un 14enne e un 15enne, anche loro consumatori abituali di droga, sotto i portici dei palazzi popolari del quartiere San Rocco in via Fiume. Gambino era stato condannato a 30 anni di reclusione dalla Corte di Assise di Monza ma poi scagionato dalla Corte di Assise di Appello di Milano, dopo due anni e mezzo trascorsi in carcere.

Il 44enne ha sempre negato l’accusa di concorso morale nel delitto e lo scagionano pure i due baby killer, che fin da subito hanno invece confessato di essere gli autori dell’omicidio e che a loro volta attendono la sentenza definitiva dopo l’ultima condanna a 12 anni e 10 mesi di reclusione ciascuno. La pm della Procura di Monza Sara Mantovani aveva chiesto per Giovanni Gambino la condanna all’ergastolo, mentre ne aveva chiesto l’assoluzione il difensore dell’imputato, l’avvocato Stefano Gerunda. I giudici avevano concesso a Gambino le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate facendo scendere la pena dall’ergastolo a 30 anni. Pena che in appello la Procura aveva chiesto di confermare. Invece la sentenza era stata ribaltata. Scontato il ricorso in Cassazione, con la richiesta di celebrare un processo di appello bis. Ma i giudici romani non hanno ammesso il ricorso quindi diventa definitiva la sentenza di assoluzione. Contro Giovanni Gambino numerose voci riferite in un tam tam tra i ragazzi del quartiere, secondo cui è stato l’imputato a telefonare da una cabina telefonica alla vittima per farla presentare all’appuntamento con la morte. Ma in aula queste voci si sono trasformate in "non ricordo" o in "l’ho sentito soltanto dire" da tutti i ragazzini chiamati a testimoniare. È stata un’inquilina del palazzo dove è stato consumato l’omicidio, la stessa che aveva allertato il 112 quando ha sentito la vittima urlare sotto i portici, a raccontare subito ai carabinieri di avere saputo dai suoi figli che il mandante era Giovanni Gambino. Dopo 4 giorni un’altra mamma si era presentata in caserma dicendo di avere sentito dai suoi figli che Gambino aveva promesso 2.000 euro ai baby killer per uccidere Cristian. Nell’aprile 2021 era scattato il fermo per il 44enne monzese. Il suo difensore ha parlato di "chiacchiericcio" che non ha trovato conferme e di un "buco" nelle indagini perché i presunti contanti che, secondo la pubblica accusa, Cristian aveva addosso e che sarebbero stati rapinati, in realtà non sono mai stati trovati. Ora il legale avvierà la richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione in carcere.