Coronavirus: due contagi alla Candy, molte fabbriche chiudono

Le bullonerie Fontana e Agrati si fermeranno fino al 3 aprile. Anche la Brugola ha deciso ieri di bloccare l’attività negli impianti italiani

Oggi incontro fra azienda e sindacati per decidere se chiudere la fabbrica Candy

Oggi incontro fra azienda e sindacati per decidere se chiudere la fabbrica Candy

Monza, 19 marzo 2020 - Due casi di positività alla Candy. Altri ne spuntano come fungi in aziende, uffici e stabilimenti. Casi conclamati ma anche tanti “presunti“ con lavoratori che pur non essendosi sottoposti al tampone sono a casa, in isolamento, con tutti i sintomi tipici del Covid-19: febbre, tosse e difficoltà respiratorie. Tanto che molte imprese di “beni non essenziali“ hanno deciso di chiudere.

Un po’ per salvaguardare la salute dei dipendenti, un po’ per le difficoltà oggettive nell’attuare le stringenti norme previste per impedire i contagi, un po’ perché per molti ormai scarseggiano gli ordini. Che c’erano ancora dall’estero fino a quando solo l’Italia era semiparalizzata dall’epidemia di coronavirus, mache ora, con Germania, Francia e Stati Uniti praticamente nelle stesse condizioni, scarseggiano.

Così ad esempio alla Candy-Haier (il colosso cinese che ha acquistato, poco più di un anno fa, il marco brianzolo dell’elettrodomestica) dopo che si sono verificati due casi di contagio fra i dipendenti il sindacato ha chiesto che venga bloccata la produzione. Una questione che sarà discussa oggi in un incontro fra vertici aziendali ed Rsu (i delegati di fabbrica).

Ma già altre grandi fabbriche hanno deciso di sospendere l’attività. Una o due settimane. Si vedrà. Le due bullonerie di Veduggio, la Agrati e la Fontana, si fermeranno. Due fabbriche con diverse centinaia di dipendenti. La Agrati con una nota diffusa ieri ha comunicato di procedere "alla progressiva sospensione delle proprie attività produttive presso gli stabilimenti di Veduggio con Colzano, Dolzago, Trezzo, Cornate, con decorrenza dal 18 marzo 2020 e fino a tutto il 3 aprile 2020".

Stessa cosa ha fatto la Fontana che chiuderà oggi per riaprire "se le condizioni lo consentiranno" il 6 aprile. "In ragione delle novità normative emanate a livello nazionale e internazionale e dovendo tenere conto della salvaguardia della salute dei lavoratori e tenuto conto altresì della chiusura di molti stabilimenti dei nostri clienti e fornitori, la nostra società si vede costretta a interrompere l’attività produttiva e le spedizioni al termine della giornata di venerdì 20 marzo 2020 per ragioni indipendenti dalla nostra volontà e dovute a cause di forza maggiore. La nostra Società prevede di riprendere le proprie attività, qualora le condizioni lo permettessero, presumibilmente il 6 aprile, salvo diversa ulteriore comunicazione".

Una scelta, quella di chiudere, che ha preso ieri sera anche la Brugola di Lissone (470 dipendenti in italia) che, nei giorni scorsi, per rispettare le indicazioni previste dal decreto del governo per l’emergenza coronavirus, aveva già ridotto gli orari e chiuso la mensa. Imprese che dopo aver “tenuto duro“ per rispettare consegne e ordini ora, con clienti e fornitori di mezzo mondo fermi, chiudono le attività. «Si sarebbe dovuto fare tutti una settimana fa come chiedevano i sindacati. Così invece il risultato è lo stesso perché piano piano chiudono tutte le grandi fabbriche di servizi non essenziali, si è perso tempo nel contenimento dell’epidemia che ora sarà inevitabilmente più duratura e si sono, inutilmente, esposti i lavoratori al rischio contagio", commenta il segretario della Fiom Cgil Brianza Pietro Occhiuto che aggiunge: "Ancora oggi molte aziende, adducendo ritardi dell’Inps, fanno difficoltà a concedere ai lavoratori i permessi straordinari che il Decreto Cura Italia ha stabilito".