Il 28 dicembre si abbasserà per l’ultima volta la saracinesca dell’Orologeria Balì di via Mantegazza. E resterà sospeso nel tempo e nei ricordi un pezzo di storia di Monza. Ci si andava per acquistare un orologio da regalare per comunioni e cresime, o per gli amanti degli orologi tradizionali. Il negozio prende il nome dalla signora Silvana Balì che lo gestisce insieme al figlio Paolo Bianco dal 1998.
Le ragioni della chiusura sono molteplici, soprattutto legate al cambio di richiesta della clientela. "Mia mamma vuole finalmente godersi la pensione – spiega Paolo –, ma non solo. Il mercato si è molto contratto. Ad oggi la maggiore richiesta viene dal cambio pile e da piccoli servizi di riparazione. Gli orologi tradizionali non vanno più e quindi facciamo poche vendite. Abbiamo individuato il momento giusto per chiudere in pareggio e senza difficoltà. Oggi la clientela predilige gli smartwatch anche per i più piccoli. Perché mettersi al polso un articolo monofunzione, quando a prezzi competitivi esistono orologi polifunzionali che misurano il battito cardiaco, i passi, si connettono al cellulare e rispondono al telefono? C’è anche tra gli adulti chi cambia l’orologio tradizionale che ha al polso per il nuovo digitale e smart".
Resta il mercato degli orologi di fascia alta, mentre sparisce la fascia media. Tra le righe i titolari raccontano anche di un diverso approccio dei clienti, divenuti più esigenti, attenti e qualche volta conflittuali, per cui occorre armarsi di pazienza per far fronte alle richieste. Alla notizia della chiusura, la risposta dei monzesi è sempre simile: "Peccato, andavo lì a cambiare la batteria dell’orologio".
Una signora si affaccia alla porta e chiede se ci siano ancora i memorabili orologi a cucù, un prodotto caratteristico dell’Orologeria Balì, costruiti artigianalmente con mille dettagli, come piccole casette svizzere che un tempo riecheggiavano nella piccola bottega. Ovviamente sono tra gli articoli spariti per primi, da quando è comparso l’avviso di chiusura per cessazione di attività.
Restano ancora alcuni orologi da muro e alcuni fine serie di brand da polso di buon livello. C’è chi entra, si guarda attorno e acquista per un regalo di Natale o per sé, semplicemente per avere un ricordo di un pezzo di Monza che va a sparire. Sparisce l’Orologeria Balì, memoria storica di un’epoca, da molto prima degli anni 2000. Sì, perché ben prima del negozio di orologi, in via Mantegazza c’era l’oreficeria del nonno Ugo Balì, risalente alla metà degli anni ‘40, quando l’oro era il bene rifugio e i gioielli erano lo status symbol per eccellenza. Aveva visto passare la seconda guerra mondiale, la Monza bene del boom economico degli anni ‘60 e le trasformazioni della città.
"Anche questo tipo di mercato è cambiato – racconta Paolo Bianco –, un tempo gli articoli di oreficeria erano accessibili con una vasta gamma di prodotti. Oggi con l’aumento esponenziale del prezzo dell’oro, il target delle gioiellerie è costituito dai clienti disposti a spendere da mille a qualche decina di migliaia di euro. Con 200 euro, che pure è una cifra significativa per molti, non si acquista praticamente nulla. Chiedendo a colleghi e amici ci accorgiamo che sono molte le piccole gioiellerie che stanno sparendo".
Resistono le grandi catene che per i regali di medio livello propongono i gioielli di acciaio dal design ricercato, aggirando il problema del costo della materia prima.