di DARIO CRIPPA
Cronaca

Quando a Monza vinse la censura

Nel 1967 vennero sforbiciati un film western e una commedia di Aristofane

a locandina del film con Tomas Milian

Monza, 15 aprile 2019 - Anno 1967.  La rivoluzione del '68 è alle porte. E a Monza si verificano due clamorosi casi di censura. Al cinema e a teatro.

Tra i film proiettati in quell'anno  in città c’è n’è uno dalle scene particolarmente crude. Si intitola Se sei vivo spara, un western all’italiana firmato dal regista Giulio Questi, il protagonista è Tomas Milian. Il guaio è che nella pellicola sono contenute alcune scene considerate raccapriccianti. Arriva l’ultimo giorno di programmazione del film, al cinema Metropol di via Cavallotti, quando un magistrato di Monza decida di intervenire “a gamba tesa”. Gli giunge voce infatti che diversi spettatori sono stati costretti ad abbandonare la sala inorriditi. E il magistrato decide di firmare per il ritiro immediato della pellicola.

La spiegazione giuridica riportata dai giornali dell’epoca dice che alcune scene appaiono, a giudizio insindacabile del magistrato, come “del tutto gratuite nell’economia del film”. Sotto accusa finisce in particolare un episodio in cui viene mostrato lo scotennamento di un indiano, il coltello ripreso in primo piano mentre incide lo scalpo. Non solo. In un’altra scena, sempre con un coltellaccio, viene estratta una pallottola dalle viscere del malcapitato con l’aggravante che, alla scoperta che è d’oro, sul poveretto si precipitano famelici altri personaggi per scavare in maniera più approfondita alla ricerca di eventuali preziosi proiettili. Dopo la decisione del magistrato monzese, il film viene ritirato dalle sale in tutta Italia. Tornerà al cinema soltanto dopo un opportuno quanto inevitabile taglio. Dai 100 minuti iniziali, verrà portato a 90 (in epoca recente un director’s cut ha ripristinato tutto e anche qualcosa di più).

Pochi mesi più tardi, in città si verifica un altro caso di censura. L’occasione è quella della tradizionale festa dedicata al patrono, la Sagra di San Giovanni. In programma in quell’edizione c’è (anche) uno spettacolo teatrale, un classico, la commedia greca Ekklesiazousai-Le donne al Parlamento. Autore, l’ateniese Aristofane. La commedia va in scena in prima nazionale al teatro Manzoni sotto l’egida del Comune. Sulla carta, un bel colpo, dato che a mettere in scena il testo c’è una produzione di prim’ordine, già premiata a Roma e con attori di vaglia come Paolo Carlini, Lea Padovani e Ave Ninchi. Ma la (brutta) sorpresa è in agguato. Quando la commedia va in scena, i pochi spettatori che masticano teatro e Aristofane in particolare si accorgono che al testo sono stati apportati tagli, sforbiciate, profonde modifiche. Esplode così la contestazione, da parte soprattutto degli studenti. L’aspetto forse più clamoroso si vive però quando gli attori, rispondendo alle accuse, svelano cosa è accaduto: la censura è stata apportata dai funzionari del Comune di Monza e loro ne sono stati inconsapevoli vittime. Si apprende così che il giorno prima dello spettacolo alcuni assessori assistendo alle prove erano rimasti “allibiti e sconcertati per le crudezze del testo”. Insomma, le battute popolaresche di Aristofane, la sua trivialità avevano spaventato gli amministratori monzesi, che avevano preteso una drastica revisione. E regista e compagnia, davanti alla minaccia di vedersi “protestato” lo spettacolo prima ancora di andare in scena, si erano ritrovati costretti a epurare il testo di propria mano. Ai ragazzi Lea Padovani spiega testualmente: "Cari ragazzi, che ci volete fare? Qui siamo nello “Stato di Monza” e ciò che è permesso in tutta Italia, qui non è tollerato".