Caso Malaspina, l’appello a marzo

Per gli imputati condannati in abbreviato nel caso della presunta cricca dell’immobiliarista accusato di reati finanziari

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di Stefania Totaro

Fissato a marzo, a tre anni dalla sentenza di primo grado, il processo di appello per la parte della presunta ‘cricca’ di Giuseppe Malaspina condannata con il rito abbreviato.

Era febbraio 2020 quando il Tribunale di Monza ha emesso la sentenza nei confronti di 20 imputati a vario titolo di reati fallimentari e tributari, trasferimento fraudolento di valori e riciclaggio (non ritenuta sussistente invece l’accusa di associazione per delinquere) nell’inchiesta della Procura di Monza che vede al centro l’imprenditore calabrese accusato di avere assoldato una ‘corte dei miracoli’ di professionisti per salvare il suo impero immobiliare milionario. La pena più alta, 6 anni e 4 mesi di reclusione, per Giorgio Spinelli, ritenuto dagli inquirenti uno dei più stretti collaboratori di Malaspina come responsabile societario del gruppo immobiliare. Quattro anni e mezzo sono andati al costruttore monzese Angelo Narducci, che si era interessato a rilevare l’ecomostro di Villasanta, l’hotel con i due piani abusivi, iniziato e mai finito, costruito dalla “Villasanta Village”, società facente parte della galassia Malaspina. Quattro anni e due mesi la pena per la ‘storica’ segretaria dell’imprenditore, Miriam Brambilla. Quattro anni per l’ex moglie di Giuseppe Malaspina, Adriana Foti e per il geometra Dario Ghezzi. Tre anni e mezzo per l’ex presidente del Consiglio di disciplina dell’Ordine degli ingegneri di Monza e Brianza Cesare Croce e 3 anni e 4 mesi per l’altro stretto collaboratore di Malaspina, il responsabile finanziario Roberto Licini e per Italo Rovero, uno dei dipendenti che ha aiutato Malaspina a disfarsi della documentazione societaria quando i finanzieri sono arrivati nel 2015 nella sede operativa del gruppo in via Fiorbellina a Vimercate. Condanne infine minori, fino alla più bassa, quella di 8 mesi, per altri dipendenti e prestanome ritenuti al soldo dell’immobiliarista.

Disposte confische di beni sequestrati alle società per oltre 6 milioni di euro e riconosciuto un risarcimento dei danni ai fallimenti delle società, che si sono costituiti parti civili al processo. I pm Salvatore Bellomo e Giulia Rizzo avevano chiesto condanne da 6 anni e mezzo a 8 mesi di reclusione, anche per associazione per delinquere.

Intanto è alle fasi conclusive il dibattimento per chi non ha scelto riti alternativi, che sono gli imputati più eccellenti.

Alla sbarra lo stesso Giuseppe Malaspina (per cui i pm hanno chiesto 14 anni di carcere), gli avvocati Gerardo Perillo (ex giudice della sezione fallimentare monzese) e Fabiola Sclapari, i commercialisti Antonio Ricchiuto (genero di Perillo) e Salvatore Tamborino.

"Un imprenditore che non si è mosso per creare tesoretti chissà dove, ma che ha cercato di salvare le sue aziende colpite dalla gravissima congiuntura economica immettendo di tasca propria enormi somme di denaro", sostiene la difesa di Giuseppe Malaspina.