Biassono, 14 marzo 2024 – Un po’ Fonzie di “Happy Days“, un po’ Oscar Pettinari, il personaggio di Carlo Verdone in “Troppo Forte“. Tra gli anni Ottanta e Novanta anche la televisione celebrava, a modo suo, un oggetto cult. Simbolo del divertimento che arredava i bar, i circolini e i saloni degli oratori. "E sai l’emozione e la bellezza di ritrovarsi con gli amici o con perfetti sconosciuti attorno a quelle macchine per cercare di fare il record?".
Pezzi unici
Filippo quegli anni li ha vissuti da ragazzino. E oggi li ripercorre tutti, come se fosse ieri, ogni volta che scende in taverna o entra nel garage che ha comprato apposta per “parcheggiare“ i suoi gioielli. Una collezione di flipper che da una decina d’anni riempie il suo tempo libero. Al momento ha dieci pezzi. Tutti originali degli anni Novanta a parte un esemplare del 1980. Ma "sono più affezionato a quelli degli anni Novanta".
Luminosi, con le luci a intermittenza come se fossi a Las Vegas, con quel suono inconfondibile che fa la pallina di acciaio quando sbatte contro i bumper e "illustrazioni così belle che non hanno nulla da invidiare alla grafica dei videogame", assicura Filippo. Se chiude gli occhi ha ancora la sensazione di ritrovarsi in sala giochi con gli amici. Filippo la passione per i flipper l’ha sempre avuta.
I pezzi pregiati
Ma il primo "me lo hanno regalato i miei genitori per i miei 40 anni, perché sapevano della mia feroce malattia per i flipper – racconta –. E da lì è cominciato tutto. Era il 2013 e allora non era facile come oggi riuscire a trovare i pezzi migliori da collezionare. Allora c’era solo il passaparola, adesso con i social è tutto più facile. E poi la rete è piena di pagine con consigli per la manutenzione: io di mestiere faccio il giardiniere, non sono un elettrotecnico e per prendersi cura di questi oggetti di culto hai bisogno di dritte".
Anche perché "per comprarli a un prezzo abbordabile, devi prenderli magari con qualcosina da aggiustare". Nel suo “parco macchine“ ci sono i pezzi migliori, marche Bally e Williams: "Sono la Ferrari e la Lamborghini dei flipper". I vecchi modelli erano elettromeccanici, potevi giocare una partita singola, ma "quando sono arrivati i primi elettronici, è stata tutta un’altra storia. Potevi giocare anche in quattro la stessa partita e il flipper ‘parlava’ anche, lo schermo era interattivo".
Fra cinema e videogame
E raccontava storie. Allora, come oggi. "Ci sono flipper a tema movie, che prendono da film o serie tv, come quella ispirato alla Famiglia Addams. Ecco, questo è il flipper più venduto al mondo – la soddisfazione di Filippo – Poi ci sono modelli con fiabe scritte soltanto per il flipper. E in base alla storia ci sono trucchi, buche, devi lanciare la pallina in un certo modo e in una certa direzione. E le sequenze te le dice lui accendendo e spegnendo le luci, non puoi tirare a caso. Ti impongono un gioco velocissimo. Storie che hanno un inizio e una fine. Il limite? Il numero di palline a disposizione per ogni partita. Un po’ come le vite in un videogame. Le palline sono tre. Ma ci sono flipper che ne hanno sei e ti puoi ritrovare a giocare con 6 palline contemporaneamente".
Negli anni Novanta bastavano 500 lire, "adesso ci posso giocare dalla mattina alla sera". Ma più che altro c’è il lato emozionale che conta. "Il flipper a differenza dei videogame è una macchina calda, umana – continua Filippo –. E ti riporta indietro nel tempo. Attorno a questo oggetto si faceva il capannello. Chi guardava, chi giocava. E inseguivi la soddisfazione di poter mettere il tuo nome sul record del bar. Era tutto più lento, ma di una bellezza incredibile. Ci ho lasciato giù il mutuo nei bar".
Una storia tutta da raccontare
A cominciare da quello dell’oratorio dietro casa. Era un Farfalla della Zaccaria, l’unica ditta italiana che li produceva tra gli anni Settanta e Ottanta. "Era un elettronico di prima generazione, molto semplice – ricorda –, c’erano i bersaglietti a scomparsa che quando li colpivi scendevano e avevi una missione da compiere. Ma poi il noleggiatore appena vedeva che gli incassi della macchina iniziavano a calare perché noi imparavamo a giocarci e le partite duravano troppo, veniva e cambiava il flipper. E la magia ricominciava".
Finché non sono arrivate le slot machine: "Col flipper uno metteva una moneta e magari giocava anche mezz’ora, con le slot, invece, si incassa molto di più. Ed è stata la fine. Fino ai primi anni Duemila c’era la montagna di flipper in discarica. Pezzi che adesso valgono migliaia di euro. Anche 15mila euro. Un delitto".
Per Filippo il flipper ha un’anima. Rock, per la precisione. "Per giocarci dovevi uscire di casa, conoscevi gente. Era un modo per stare insieme. E quando porti a casa un flipper e ci metti mano per la prima volta, senti ancora l’odore del fumo delle sigarette che annebbiava i bar. Il flipper è un piccolo luna park, che incanta anche i bambini di oggi".