Anche Toninelli contro la fusione Aeb-A2A

L’ex ministro dei 5 Stelle ha presentato un’interrogazione richiamando una sentenza dell’Unione Europea

di Gualfrido Galimberti

Dopo una sentenza del Consiglio di Stato a tutt’oggi rimasta prima di conseguenze, la battaglia sull’aggregazione industriale tra Aeb e A2A sta percorrendo ora l’iter politico istituzionale. Nei giorni scorsi il senatore Danilo Toninelli (Movimento 5 Stelle) ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno sperando di riuscire a fermare il progetto dell’amministrazione comunale di Seregno e del colosso A2A.

Nella sua lunga interrogazione l’ex ministro Toninelli ripercorre tutte le tappe della dibattuta vicenda, allargando lo sguardo a operazioni simili. In particolare ricorda la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 12 maggio 2022 nel procedimento promosso dal Comune di Lerici (La Spezia) contro la Provincia di La Spezia, ricordando che la direttiva 201424UE del Parlamento Europeo non consente questo tipo di operazioni senza indizioni di gara. Allo stesso tempo Toninelli richiama la sentenza del Consiglio di Stato e, in particolar modo, la necessità di provvedere alla ricerca del partner industriale attraverso una gara a evidenza pubblica. In definitiva, un documento molto articolato quello di Toninelli, per arrivare a porre al ministro dell’Interno un quesito molto chiaro: "Si chiede di sapere se si ravvisino elementi di contrasto tra la normativa nazionale vigente e quanto sancito dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in osservanza delle disposizioni comunitarie in materia di società in house e, in tal caso, se si intenda procedere ad una rilevazione di tutti gli affidamenti in house in contrasto con quanto citato, al fine di evitare una procedura di infrazione comunitaria". Dietro questa interrogazione, naturalmente, la mano di Marco Fumagalli, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle. In tutti i modi ha cercato di opporsi all’operazione industriale. Lo ha fatto politicamente, ha presentato ricorso al Tar, si è rivolto all’Anticorruzione, all’Agcm (Autorità garante della concorrenza e del mercato), ha portato grazie ai suoi colleghi pentastellati la questione anche in Europa. Nei giorni scorsi ha infine presentato una mozione in Regione Lombardia.

Lo scopo era quello di impegnare la Giunta "a prendere atto delle sentenze del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia UE, che in materia di affidamento di servizi pubblici essenziali, stabiliscono l’obbligo di individuare il socio privato con gara e dispongono la decadenza del servizio, per i soggetti che hanno perso la qualifica di "in house"". Il suo tentativo, tuttavia, non ha avuto successo. La mozione è stata bocciata. "Avvilente – commenta Fumagalli – che più della metà dei presenti in Consiglio regionale non abbiano nemmeno capito di cosa stessimo parlando. Il Consiglio regionale ha scelto di nascondere la testa sotto la sabbia, rifiutando di interessare della questione il Garante per i servizi pubblici e il relativo osservatorio, attraverso cui sarebbe stato possibile contribuire a fare chiarezza. Negata anche la possibilità di richiesta di un parere ufficiale alla Corte dei conti. Se accettiamo che i comuni possano evitare di fare gare per individuare un eventuale socio in affari, rischiamo di sminuire il rispetto della legge a semplice opzione. Il pericolo è quello di veder svenduti beni e servizi pubblici e farne pagare il conto ai cittadini".