Aicurzio, uccide madre: "Cantava. L'ho colpita. Calci e pugni e le ho versato candeggina"

Davide Garzia, 23 anni, ha ricostruito l’omicidio della mamma Fabiola, 58 anni, davanti al pm

Fabiola Colnaghi

Fabiola Colnaghi

"Io soffrivo , dentro avevo l’inferno quando ho sentito mia madre canticchiare non ci ho visto più. L’ho colpita. Non si occupava del mio dolore". Davide Garzia, 23 anni, ricostruisce davanti al pubblico ministero di Monza Marco Santini l’assassinio di Fabiola Colnaghi, 58.

Nelle sue parole una violenza brutale: "L’ho presa a calci quando era già per terra. Aveva sbattuto contro un armadio dopo un pugno in faccia". Una serie di colpi porta a galla la rabbia covata da chissà quanto tempo. Uno, un altro e un altro ancora. Ma non è bastato al figlio che ha infierito sul cadavere, per lui c’è anche l’accusa di vilipendio.

"Sono andato in bagno ho preso il primo flacone che ho trovato, era candeggina, gliel’ho rovesciata addosso. Poi le ho tagliato i capelli, ho cercato una penna e le ho scritto una parolaccia sulla gamba". L’ira cieca del ragazzo cambia per sempre il destino di un’intera famiglia. Davide svela un tran tran quotidiano desolante, fatto di niente, una sequenza di giornate vuote, tutte uguali una all’altra.

Aveva cominciato a scivolare nel limbo dopo il diploma all’Einstein a Vimercate, quattro anni fa. Con quel pezzo di carta in mano avrebbe potuto trovare facilmente un posto nella Silicon Valley brianzola, ma lui non ci aveva neanche provato. Si era confinato in cameretta molto prima che il lockdown gli imponesse di restarci.

"Studiavo filosofia", ha raccontato agli inquirenti, sempre più chiuso in se stesso, sempre più rancoroso col resto dei parenti. I suoi fratelli più grandi, entrambi realizzati, fuori casa da tempo, ma pure altri familiari, anche nei loro confronti aveva alzato un muro quasi invalicabile: "Mi trascuravano. Non prendevano sul serio i miei problemi".

"E’ emersa una personalità che va senza dubbio approfondita – dice l’avvocato Luca Crippa che difende Garzia insieme a Renata D’Amico –. Il quadro ci spinge verso la perizia psichiatrica".

"La sua vita era implosa anziché sbocciare, era tornato adolescente, invece di diventare adulto – spiega chi lo conosce – si era ritirato in se stesso, non usciva mai da quelle quattro mura".

Aveva 8 anni quando suo padre morì dopo una lunga malattia, ma i genitori erano già separati. L’omicida reo confesso viveva con la madre e con il nuovo compagno della donna, quando si è consumata la tragedia l’uomo era al lavoro.

Nell’appartamento al primo piano in via Della Vittoria le liti non erano più frequenti che in qualsiasi altra casa. Fino a mercoledì all’ora di pranzo, quando la furia di Davide ha spazzato via ogni possibilità di uscire dal tunnel della solitudine che si era ritagliato attorno: niente amici, nessuna fidanzata, neppure i social erano una sua passione.

Magrissimo, sotto choc al punto di non riuscire a versare una lacrima per la mamma, ma senza sviare le proprie responsabilità. Dopo aver scarabocchiato sul corpo di Fabiola è stato lui ad avvertire i carabinieri di Vimercate che sono andati a prenderlo.