DARIO CRIPPA
Cronaca

Trafugati a Pompei, gli strappi di affresco erano nella villa di un imprenditore

I carabinieri del Nucleo Tpc di Monza hanno individuato e recuperato tre affreschi provenienti dal Parco Archeologico campano

Uno degli affreschi

Monza - Un imprenditore se li era comprati e messi nella sua villa. Tre affreschi di alto pregio artistico, provenienti del Parco Archeologico di Pompei: acquistati da antiquari svizzeri, statunitensi e britannici, erano stati asportati verosimilmente negli anni Settanta da Villa Arianna e Villa San Marco di Stabiae, attuale Castellammare di Stabia. Databili al I secolo d.C., gli strappi di affresco erano in realtà in tutto sei ed erano spariti negli anni Settanta da “Domus” ubicate del Parco Archeologico di Pompei. Riveste dunque un enorme valore storico la restituzione effettuata ieri dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, all’interno di indagini che puntano da diverso tempo a questa parte al contrasto del traffico illecito internazionale di beni archeologici. 

Le indagini, che hanno visto in prima linea i carabinieri dello speciale Nucleo che ha sede alla Villa Reale di Monza, erano partite nel 2020. Tre gli affreschi, tutti asportati dalle pareti delle due ville romane, su cui hanno messo le mani gli uomini al comando del maggiore Francesco Provenza: un frammento di affresco con un amorino nudo in atto di suonare il flauto traverso; uno con una figura femminile danzante che reca un vassoio; e il terzo con al centro un’altra figura femminile con corona di foglie di alloro. 

Trafugati ed esportati illecitamente, erano stati acquistati negli anni Novanta appunto da antiquari statunitensi, elvetici e inglesi. Ed erano finiti da lì nella residenza di un lombardo, probabilmente un imprenditore, anche se le indagini, coordinate dalla Procure di Milano, si sono chiuse a riccio al riguardo. Così come è accaduto per gli altri tre frammenti di affresco, ritrovati dai carabinieri di Napoli in una buca coperta da uno strato di lamiere, terra e coltivazioni, che conduceva a uno degli ambienti di una villa romana nell’area archeologica di Civita Giuliana. 

In questo caso i reperti sono stati individuati nell’ambito di una complessa attività di indagine su un’organizzazione criminale dedita allo scavo clandestino e alla ricettazione di beni archeologici. Si trovavano assieme a tre pannelli affrescati, divelti e provento di illecita attività di scavo, pronti per essere esportati. L’indagine era partita un anno fa, quando il fascicolo era arrivato sulla scrivania del maggiore Francesco Provenza, comandante del Nucleo che ha sede alla Villa Reale di Monza. I militari monzesi, specialisti in indagini di alto profilo culturale, hanno immediatamente verificato che gli affreschi rubati non si trovassero nella smisurata e preziosissima Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti . Quindi hanno preso a scandagliare il mercato internazionale degli antiquari. Parallelamente, è iniziata un’altra indagine, effettuata dai colleghi del Nucleo Tpc di Napoli, che si sono trovati alle prese con un’organizzazione criminale di tombaroli. 

Ieri pomeriggio, la restituzione dei sei frammenti di affresco è andata in scena direttamente nel luogo da cui erano spariti circa cinquant’anni fa. E sono tornati al Museo Archeologico Libero D’Orsi di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli. Per l’occasione, sono intervenuti Laura Pedio, procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano, il professor Massimo Osanna, direttore generale dei Musei del Ministero della Cultura, Gaetano Cimmino, sindaco di Castellammare di Stabia, il maggiore Giampaolo Brasili, comandante del Nucleo Tpc di Napoli, una rappresentanza del Nucleo Tpc di Monza guidata dal luogotenente Raffaele Adorante, Maria Rispoli, responsabile della Reggia di quisisana, Silvia Bertesago, responsabile delle Ville di Stabia, e Anna Onesti, responsabile dell’Ufficio Tutela del Parco.