Crippa
è chi dice “no”. In questi ultimi giorni, sono finite su tutti i giornali vicende di cronaca che hanno intrecciato il mondo del calcio e quello della cronaca nera e addirittura della criminalità organizzata, fra omicidi e gestione opaca di biglietti e merchandising nelle curve di grandi stadi come San Siro. Si è scoperto che c’erano capi ultras che telefonavano sul cellulare privato di allenatori per chiedere biglietti in vista di partite di grande interesse. Nulla di rilevanza penale, al massimo di opportunità. E torna in mente il fatto che un dirigente del Monza di oggi, nei suoi 31 anni al Milan, aveva “pagato” sulla propria pelle il rifiuto a piegarsi a determinate logiche.
Si chiama Adriano Galliani e, oltre a contribuire a far vincere come dirigente 29 trofei alla sua squadra dell’epoca, può appuntarsi sulla giacca, magari sotto la medaglietta che gli ha appena regalato il sindaco di Monza in occasione del suo quarto matrimonio, anche un’altra medaglietta: quella guadagnata vivendo per cinque anni sotto scorta perché alcuni tifosi lo avevano preso di mira. Perché allora come oggi, nella partita doppia con certa tifoseria che pretende di fare business per giunta sporco in curva, Galliani aveva detto di no. Fortuna vuole che gli ultras del Monza, a parte qualche Daspo d’ordinanza, siano invece dei galantuomini. E che il Monza non sembra avere a che fare con la gestione di stadi strapieni e entrate economiche succulente. Anzi, finora se la Curva Davide Pieri ha gestito qualcosa sono stati i panini comprati a proprie spese per sfamare i giocatori lasciati a digiuno, in senso letterale, da vecchi presidenti più simili a bucanieri che a imprenditori appassionati di calcio.
Galliani dimostrò che con certo marciume non aveva intenzione di avere a che fare. La Curva Davide Pieri non sa neppure dove stia di casa. E, a scanso di equivoci, di mister Nesta non ha neppure bisogno di chiedere il numero di cellulare.