STEFANIA TOTARO
Cronaca

A processo i baby killer del pusher

Rito abbreviato per i due ragazzini, all’epoca di 15 e 14 anni, per l’omicidio dello spacciatore di San Rocco

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di Stefania Totaro

"Sono stati pagati da uno spacciatore che voleva liberarsi della concorrenza di Seba facendolo fuori". Ma i due baby killer del pusher ucciso a coltellate negano il racconto di due loro amici, che verranno convocati a testimoniare al processo con il rito abbreviato fissato al 13 luglio. Questa la data in cui sono chiamati a presentarsi davanti alla gip del Tribunale per i minorenni di Milano Nicoletta Cremona i due ragazzini che lo scorso novembre hanno inferto più di 30 fendenti a Christian Francesco Sebastiano, 42 anni, di fronte alla sua abitazione nelle case popolari in via Fiume nel quartiere San Rocco. Entrambi sono accusati di concorso in rapina aggravata per avere sottratto alla vittima la bustina con 5 grammi di cocaina, omicidio volontario aggravato dall’avere assunto sostanze stupefacenti per commettere il reato (cocaina e cannabis e il 15enne anche eroina), dalla premeditazione (pianificando l’uccisione e la rapina, attirando la vittima con una chiamata da una cabina telefonica e presentandosi armati di coltelli), dai motivi futili e abietti (legati alla sottrazione della droga e ai debiti con il pusher) e dalla crudeltà con cui hanno agito. Entrambi sono poi accusati del porto abusivo di armi da taglio e il 14enne (che da poco ha compiuto anche lui 15 anni) anche di detenzione e spaccio di cocaina, hascisc e marijuana, queste due ultime ritrovate anche nell’abitazione familiare per cui ne deve rispondere anche il fratello 24enne.

I due giovanissimi imputati, entrambi ancora detenuti nel carcere minorile, hanno chiesto il processo con il rito abbreviato: l’avvocata Renata D’Amico per il 15enne senza dettare condizioni, mentre l’avvocato Maurizio Bono, difensore dell’allora 14enne, a condizione che vengano sentiti altri due ragazzini, interrogati dagli inquirenti nel corso delle indagini ora concluse con la richiesta di giudizio immediato da parte della Procura minorile di Milano, secondo cui gli imputati avrebbero ucciso spinti da un mandante, uno spacciatore di droga che imperversa nel quartiere e che voleva liberarsi della concorrenza di Seba, come era chiamata la vittima dai suoi conoscenti. Una circostanza che i testimoni ritengono di avere appreso ma che viene negata dagli imputati, che negano da sempre del resto persino la premeditazione del delitto.

Dal canto suo, il 14enne si è sin da subito addossato la responsabilità dell’omicidio, sostenendo di essere stato l’unico ad essere in possesso di un coltello preso in cucina e usato allo scopo di rapinare la cocaina. Mentre ora dalle carte dell’inchiesta emerge invece un secondo coltello, a doppia lama, che spunta in mano al 15enne, che la difesa ha sempre sostenuto soltanto spettatore dell’omicidio commesso dall’amico 14enne. Christian Sebastiano, secondo gli inquirenti, è morto "per choc emorragico derivante dalla massiva perdita ematica causata dalle plurime ferite di arma bianca" e precisamente con il 14enne "che colpiva il Sebastiano con un coltello della lunghezza di 34 centimetri, di cui 20 centimetri di lama" e il 15enne "con un coltello a doppia lama della lunghezza di 8 centimetri".

Il 42enne sarebbe stato colpito "in maniera ripetuta e con circa una decina di colpi inferti al capo e agli arti superiori e 22 colpi inferti al collo e al torace, di cui 10 penetranti, colpi dei quali almeno due inferti" dal 15enne che "inoltre teneva ferma la vittima mentre entrambi la spingevano a terra".