JESSICA MULLER CASTAGLIUOLO
Milano

Torture al Beccaria, il dolore di Don Rigoldi: “Non mi sono accorto e ne ho sentito la colpa”

L’ex cappellano: questo uno dei centri più difficili. Non temo per me, quando ho visto sono intervenuto

Don Gino Rigoldi è stato per ben cinquant’anni cappellano al carcere minorile Beccaria

Don Gino Rigoldi è stato per ben cinquant’anni cappellano al carcere minorile Beccaria

Milano, 9 agosto 2025 –  “La violenza degli agenti sui detenuti al Beccaria non c’è più”. Lo afferma con convinzione don Gino Rigoldi, riferendosi all’inchiesta della Procura di Milano sui presunti maltrattamenti, che, lo scorso anno, ha portato alla reclusione di 13 agenti e alla sospensione di altri 8. L’ ex cappellano del penitenziario minorile non ha,infatti, mai smesso di frequentare il carcere.

Quindi la violenza c’è stata?

“Sicuramente”.

E lei non si è accorto di niente?

“No, e mi sono sentito in colpa per questo. Se le cose capitano di notte, quando ci sono solo gli agenti e, magari, il ragazzo che è stato preso a botte finisce in isolamento e poi viene pure trasferito chissà dove, è impossibile accorgesene. Vale per me, ma anche per gli educatori che frequentavano l’istituto solo di giorno”.

Descrive un sistema consolidato.

“No, non lo definirei così. Ma potrebbe essere successo più di una volta”.

Come si arriva a tanto?

“Gli agenti non erano dei torturatori, magari si sono lasciati andare. Fanno turni massacranti, c’è la stanchezza e la difficoltà di aver a che fare con questi ragazzi”.

Basta questo?

“Diciamoci le cose come stanno: anche io sono stato accusato di non aver visto niente ma la vera questione è che si sono creati dei veri e propri gruppi di agenti che autogestivano il potere, in assenza di una direzione. Il problema qui è che c’è uno degli Ipm più difficile in Italia che da troppi anni non ha una reggenza stabile”.

Ma, ora che si allarga l’elenco degli indagati, lei non ha paura che l’inchiesta possa coinvolgerla?

“No, non ho paura perché tutte le volte che mi è capitato di assistere a una situazione di violenza sono sempre intervenuto. Poi, ai tempi siamo stati interrogati tutti, me compreso”.

Oggi le cose sono migliorate secondo lei?

“La situazione è ancora difficile, questo è innegabile. Sovraffollamento, minori stranieri non accompagnati, che non parlano bene l’italiano e, una volta scontata la pena, non sanno dove andare. Ora c’è la corsa all’oro verso le comunità. Non sa quanti ragazzi vorrebbero essere accolti, ma non c’è posto per tutti. L’estate poi, è sempre un periodo faticoso nelle carceri, perché le attività si riducono”.

E i nuovi agenti?

“La comandante penitenziaria è davvero competente, mi fido. Certo, gli agenti sono tutti molto giovani, forse qualcuno con poca esperienza. Però ce la mettano tutta, nonostante la difficoltà del contesto. Sarebbe anche il caso di togliere la “ maglia nera“ con la quale vengono spesso dipinti”.

Cosa si può fare di più?

“Bisogna che il ministero della Giustizia capisca almeno due cose: aumentare i reati non serve ed è importante pensare di inserire dei percorsi di formazione. A questi ragazzi bisogna saper stare vicini”.