
La gioia dei giocatori dell’Inter
L’Inter piace, convince e domina per lunghi tratti, ma non chiude la partita quando dovrebbe. Dopo l’Ajax, anche il Sassuolo si piega alla forza nerazzurra (per 2 a 1): almeno dieci occasioni nitide costruite, un predominio tecnico e fisico evidente, ma anche la colpa di lasciare sempre una speranza agli avversari. A San Siro decidono Dimarco e Carlos Augusto, prima che Cheddira riaccenda la paura di una beffa. Nel finale il pubblico applaude Esposito, a cui manca solo il gol, ma la sensazione rimane: questa squadra soffre troppo a causa della propria poca concretezza. Una colpa che un anno fa costò tantissimo, e che oggi ancora non è stata espiata. Il piano di Chivu funziona: la punta che accorcia in mediana diventa l’innesco del contropiede, come già visto con Lautaro con il Torino e replicato da Esposito nella notte di San Siro. Da lì partono l’involata di Barella e la rete di Dimarco. Calhanoglu orchestra il gioco da dietro, gli esterni accompagnano con continuità, la manovra è fluida e avvolgente, per quanto meno ampia rispetto alla filosofia Inzaghi. L’Inter produce calcio, crea chance con tutti i suoi uomini, ma al momento di finalizzare si perde. Barella e Esposito scelgono spesso il passaggio in più, Carlos Augusto e Thuram mancano di precisione, le due segnature sono troppo poco per chi ha il 61% del possesso palla e ben 12 con conclusioni in quasi cento minuti di gioco. Il Sassuolo resta vivo, aggrappandosi all’estro di Berardi e all’energia di Koné. Così arriva lo spavento con Pinamonti e il gol di Cheddira che trasforma il finale in un brivido inatteso dopo che Carlos Augusto pareva aver mandato i titoli di coda, già tardivi. San Siro sospira, dedica un coro a Chivu e applaude Pio Esposito (che in un mese ha fatto più di Taremi e Correa in una stagione), consapevole che l’Inter di Chivu ha qualità e idee, ma deve crescere in cinismo e continuità. Il successo resta prezioso: la settimana post-derby si chiude con due vittorie pesanti, ma il messaggio è chiaro. Per restare al vertice, non basta creare tanto: serve chiudere le partite. Soffrire così nel finale è davvero una colpa, la sintesi di una serata che mette in mostra il meglio e il limite più evidente dei nerazzurri.
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