
L'assessore alla Cultura, Tommaso Sacchi
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Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura, un nome ancora nuovo per molti milanesi. Ma lei in questi uffici c’è già stato...prima di andare a fare l’assessore a Firenze con la Giunta Nardella. (Sorride). È la prima intervista concessa al Giorno, ci accoglie nel suo ufficio con la splendida vista Duomo. Accanto, Palazzo Reale, con le quattro mostre appena inaugurate, ha riportato le file dei visitatori nel weekend. "Riprendo da dove mi ero interrotto... Dieci anni fa ho avuto la fortuna di incontrare una figura che è stata per me importante, Stefano Boeri. Sono entrato nel suo team, nel momento in cui Milano stava vivendo una vera e propria rivoluzione, stava cambiando paradigma. Boeri aveva deleghe importanti: Cultura, Expo, Moda, e Design, praticamente tutto lo spettro dell’industria creativa e di innovazione in una città come questa. Con lui è iniziato un lavoro in questi stessi uffici, sui grandi temi, le grandi mostre, i nuovi musei, le iniziative diffuse, il coinvolgimento delle comunità straniere nella vita culturale della città. In quegli anni infatti si stava terminando l’allestimento del Mudec, si stava creando il polo artistico dedicato a tutte le culture del mondo, cominciava la riflessione sui festival diffusi che accendevano la città; mi sono trovato nella cabina di regia che concepiva progetti come Piano City o Bookcity che rafforzavano quell’idea di festival tematici che trasformano una città in una grande orchestra che suona una partitura tutta insieme". Una gavetta importante... "Si è conclusa all’improvviso e dopo alcuni mesi è iniziato un rapporto con un’altra città". Si sente più tecnico o politico? "Non ho tessere di partito, mi sento una figura tecnica del mondo culturale. Ma ho una grande passione politica, forse questo lo devo anche agli insegnamenti di mio nonno, partigiano, che oltre a trasmettermi forti i valori della Resistenza mi ha anche insegnato il valore di una militanza civile per il bene comune. Mi piace impegnarmi per la mia città. Non farò però l’assessore-direttore artistico, ce ne sono di bravissimi; credo che mi dedicherò anima e corpo a far funzionare le cose, credo che sia la stagione del buon ammnistratore. E’ quello che serve a Milano". Come mai non ha ricevuto la delega alla Moda visto che aveva esperienza nel settore? "Non me lo sono chiesto, il sindaco ha deciso e a me va bene così. L’importante è attivare le sinergie che sono sicuro porteranno risultati positivi per la città. Con la collega (Sviluppo economico e anche Moda e Design) Alessia Cappello abbiamo già fatto una riunione a Palazzo Marino". C’è domanda di una “cultura di prossimità“. Nello stesso tempo la città non può perdere la sua vocazione internazionale, di sperimentazione sul contemporaneo. Come si conciliano queste esigenze nel suo nuovo corso? "Inizia una stagione politica per Milano in cui si dovrà lavorare moltissimo sulle “reti di cintura“, in una città che deve allargare i suoi orizzonti, andando al di là del centro storico. Il mandato del sindaco è chiaro, raccolgo la sfida. Non rinunciamo ai grandi momenti internazionali che dovremo stimolare ma dovremo essere capaci di lavorare su un doppio registro, da un lato le reti dei quartieri accogliendo spunti e proposte del terzo settore culturale che è vivacemente radicato e dall’altro eventi internazionali. Voglio portare grandi protagonisti a lavorare sulle reti di quartiere, grandi nomi. Oggi sono molte di più le persone che amano Milano". Un esempio? "Non posso fare nomi ma i segnali che mi sono arrivati da un mondo internazionale della cultura e della creatività sono molto incoraggianti. Voglio procedere con calma, ascoltando le varie istanze. Conto molto sulla squadra dirigenziale e di appassionati funzionari pubblici che in questi anni ha supportato il mio predecessore". C’è voglia di vivere la cultura all’aperto: quale risposta darà il Comune su questo tema? "Milano ha un grande vantaggio, ha tanti spazi pubblici fra parchi e giardini. Stiamo mappando i luoghi per la prossima stagione culturale estiva, abbiamo attivato una cabina di regia all’interno di Palazzo Reale e voglio coinvolgere da subito i presidenti dei Municipi per individuare i luoghi all’aperto adatti a poter ospitare degli eventi di alto livello, sul modello dell’Estate sforzesca. La cultura in periferia non deve essere una cultura periferica. Può essere che un grande nome adotti una zona di Milano. Adoro le biblioteche, c’è una rete che va sfruttata, ci stiamo lavorando". Resta solo un problema, la sostenibilità economica... "Con il Ministero lavoreremo sin da subito sui dossier che riguardano le infrastrutture culturali. E con i privati aprirò un confronto perché ci sono tanti imprenditori illuminati che hanno a cuore le sorti della città. Serve una triangolazione seria e virtuosa fra pubblico e privato e anche una presentazione del potenziale di questa città in vista degli eventi che ci attendono".