Processo Lega Nord, i giudici: "I soldi dei partiti non sono dei loro leader"

La sentenza sui fondi del Carroccio

Umberto Bossi con il figlio Renzo

Umberto Bossi con il figlio Renzo

Milano, 3 maggio 2019 - Come funzionassero le cose con i fondi della Lega Nord, l’ex tesoriere Francesco Belsito l’aveva spiegato a verbale già sei anni fa. «Ho in alcuni casi ripianato il rosso di alcuni conti personali dello stesso Bossi (Umberto, ndr): in un caso di trattava di 48mila euro circa... spese di Riccardo (uno dei figli del leader, ndr) per 100 mila euro... le spese risultanti sotto la voce Cidsa riguardano le lauree in Albania per Riccardo e Renzo (detto “il Trota”, l’altro figlio di Umberrto, ndr)... ..

Ora dalle motivazioni (appena depositate) della sentenza con cui lo scorso gennaio la Corte d’appello confermò per il solo Belsito la condanna per appropriazione indebita a un anno e otto mesi (Umberto e Renzo Bossi salvati dalla condanna di primo grado solo perché l’attuale capo Matteo Salvini ritirò le querele del partito), quelle parole escono confermate. I giudici spiegano di ritenere «provata la responsabilità» dell’ex tesoriere anche in relazione alle lauree albanesi. Più in generale, Belsito avrebbe sottratto in modo illecito 1.771.310 euro dalle casse del partito, tra cui «un assegno bancario da 5 mila euro, emesso da Belsito il 12 luglio 2011, e rilasciato a una persona esterna al mondo della Lega Nord, inserito nel mondo universitario e coinvolto nella vicenda relativa al conseguimento presso l’Università Kristal di Tirana dei titoli di studio di Renzo Bossi e Pierangelo Moscagiuro (l’uomo scorta della bossiana Rosi Mauro, ndr)».

Eppure, che il segretario di un partito non possa disporre «a suo piacimento» dei fondi versati dagli associati o erogati dai presidenti di Camera o Senato come «rimborso delle spese elettorali» lo faceva sospettare il buonsenso. Ma ora il concetto è ribadito nelle motivazioni della sentenza d’appello. «La natura giuridica dei partiti politici (...) e le norme civilistiche ad essi applicabili, consentono di respingere come davvero inaccettabile - vi si legge - l’assunto difensivo secondo cui il segretario di un partito possa disporre dei fondi del medesimo a suo piacimento, alla stregua di un patrimonio personale».

Dopo questa premessa, i giudici presieduti da Cornelia Martini, scendendo nel dettaglio parlando di «totale inattendibilità dei rendiconti depositati dal Movimento Politico per gli esercizi 2008, 2009, 2010 e 2011» e ritengono invece «attendibili» le ammissioni di Belsito sulla «gestione dell’amministrazione della Lega dato che, all’atto del suo insediamento», spiegò di aver portato «avanti la già consolidata situazione instaurata dal precedente tesoriere Balocchi, il quale aveva utilizzato costantemente il denaro della Lega per pagare le spese della famiglia Bossi e di altri soggetti gravitanti intorno al partito».

 

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