Gaza, Sinistra per Israele lancia il suo manifesto: “Netanyahu sbaglia ma è stata Hamas ad attaccare”

La dem Lia Quartapelle: “Serve un cessate il fuoco che consenta la liberazione degli ostaggi, la protezione della popolazione civile e la consegna degli aiuti umanitari”

Lia Quartapelle

Lia Quartapelle

Lia Quartapelle, deputata del Pd, lei giovedì alle 21, al Circolo Caldara di via De Amicis a Milano, introdurrà la presentazione del Manifesto di Sinistra per Israele ‘Dal 7 ottobre alla pace’.

Qual è l’obiettivo del manifesto? “Rilanciare una prospettiva politica rispetto al conflitto tra Israele e Hamas. I morti civili a Gaza sono tantissimi, la società israeliana è dolorosamente segnata dal terrorismo di Hamas e sembra che non ci sia via d’uscita. E’ proprio il momento di percorrere strade politiche per trovare soluzioni al conflitto. Anche perché questo conflitto è intricato perché è segnato da assenza di leadership. Bisogna partire da Israele, che ha più responsabilità e che, come democrazia, può più rapidamente cambiare approccio. Israele ha reagito a un attacco di Hamas, ma la guerra di Netanyahu non può essere infinita: senza politica non si può sconfiggere il terrorismo”.

Conflitto tra Israele e Hamas, non tra Israele e Palestina? "Sì. Le immagini di morte e devastazione da Gaza hanno attenuato la consapevolezza che questo terribile nuovo capitolo del conflitto Israele-palestinese è iniziato il 7 ottobre, con l’orrore dell’attacco di Hamas contro i civili israeliani. Questa spirale di violenza va immediatamente interrotta con un accordo di cessate il fuoco che consenta la liberazione degli ostaggi, la protezione della popolazione civile di Gaza e la consegna degli aiuti umanitari. Poi, e questo è il senso della nostra iniziativa, è importante ribadire che la soluzione politica parte dal riconoscere due ragioni, che devono trovare un modo di convivere in Medio Oriente. Non una ragione e un torto. Molto spesso a sinistra il dibattito è stato sbilanciato su una ragione, quella dei palestinesi. Anche perché, dopo l’assassinio di Rabin, la voce della sinistra israeliana si è affievolita. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu non sta dando uno sbocco politico alla situazione, infilandosi in una prospettiva di guerra infinita, prospettiva terribile per i civili palestinesi della Striscia di Gaza e molto pericolosa per la sicurezza di Israele. Hamas non si sradica solo con la guerra. E noi vogliamo ricordare a tutti che gli israeliani non sono Netanyahu. In quel Paese c’è un vasto movimento di opposizione che prima della guerra ha portato in piazza milioni di persone”.

La sinistra italiana, in alcuni momenti, sembra accantonare la prospettiva ‘Due popoli, due Stati’. “E’ una tentazione molto forte, soprattutto nell’opinione pubblica, anche perché la situazione sul terreno è estremamente drammatica e è difficile immaginare come riprendere un dialogo tra israeliani e palestinesi dopo questi mesi. Serpeggia un senso di impotenza che alimenta posizioni sempre più estreme”.

Le manifestazioni di sinistra nelle piazze italiane sono quasi tutte filopalestinesi. "Le immagini dalla Striscia di Gaza sono drammatiche: i bombardamenti che colpiscono i civili, la scarsità di aiuti umanitari, la vulnerabilità degli sfollati. Capisco che le persone, soprattutto i più giovani, esprimano una volontà di pace anche scendendo in piazza. Ma il punto è che chi fa politica, oltre che esternare dei sentimenti, deve provare a creare le condizioni per una soluzione, che non si troverà se non si confrontano due ragioni”.

Altro argomento di polemica è l’uso della parola ‘genocidio’ per descrivere l’azione di Israele nella Striscia. È corretto o no parlare di genocidio? "Discutiamo molto sull’uso dei termini, ma da un punto di vista politico importano le azioni più delle parole: la spirale di violenza va fermata. La parola genocidio designa un crimine specifico a livello internazionale, che riguarda il voler intenzionalmente cancellare un popolo”.

Nel caso del conflitto tra Israele e Hamas, come si traduce questa definizione? "La questione dell’intenzionalità è decisiva: il genocidio va provato. Concretamente significa che bisogna trovare degli ordini dell’esercito israeliano finalizzati a cancellare il popolo palestinese. L’operazione israeliana ha l’obiettivo di eradicare Hamas, non il popolo palestinese. Naturalmente si può discutere se la reazione di Israele sia sproporzionata, se l’esercito israeliano stia coinvolgendo deliberatamente la popolazione civile. Persino il più stretto alleato di Israele, il presidente americano, ha più volte ripreso Netanyahu rispetto a una risposta sproporzionata. Alcuni aspetti della risposta armata voluta da Netanyahu, cioè il coinvolgimento deliberato di civili nel conflitto, si configurano come crimini di guerra. Violazioni altrettanto gravi”.

A Milano, intanto, si sono registrate le dimissioni del presidente dell’Anpi Roberto Cenati, che sarà alla presentazione del manifesto, proprio in polemica con la posizione troppo filopalestinese dei circoli dell’Anpi. "Faccio tanti auguri di buon lavoro al nuovo presidente milanese dell’Anpi, Primo Minelli, e ringrazio Cenati per il lavoro, sempre saggio ed equilibrato, degli ultimi anni. Questi temi lacerano la sinistra tutta, non solo i partiti, ma non dobbiamo farci prendere da una deriva estremista”.

Il consigliere comunale milanese Daniele Nahum ha lasciato il Pd perché sostiene che i giovani dem utilizzino la parola genocidio in un modo improprio. "Spero che Daniele ci ripensi, perché abbiamo bisogno di lui, che ha firmato il manifesto di Sinistra per Israele, per portare avanti le nostre idee”.

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