
La tela intitolata “San Giorgio”
Milano, 15 marzo 2017 - Per quante mostre gli dedichino, e onestamente non sono poche, il padre dell’astrattismo merita sempre di essere ammirato. E anche “Il cavaliere errante”, l’esposizione in cartellone da oggi al 9 luglio nei saloni del Mudec, il Museo delle Culture, non è per nulla scontata ripetizione della rassegna andata in scena poco più di tre anni fa a Palazzo Reale. La verità è che con un punto e una linea disposti su una superficie si possono creare infiniti capolavori. A patto, certo, di chiamarsi Vasilij Kandinskij e di saper dar vita a dipinti capaci di risvegliare le emozioni profonde dello spettatore, non il suo inconscio, come sarebbe facile pensare, ma il suo psichismo fisiologico.
Punto, linea, superficie: i tre capisaldi dell’aspetto squisitamente grafico dell’arte di Kandinskij, esposti seccamente nel titolo del suo saggio più famoso. E colore: la follia vitale del giallo, squillante come la tromba di una fanfara; la distante indifferenza dell’azzurro, sottile come le note di un flauto; la consapevole irrequietezza del rosso, più è scuro più si fa simile a una tuba; la superficialità dell’arancione, sfuggente come i rintocchi di una campana. Un viaggio nelle “vibrazioni interiori” evocate dalla musica, “la più spirituale delle arti”, la pittura di Kandinskij. Preferibilmente la “musica del futuro” di Arnold Schonberg, “non acustica, ma puramente psichica”. E la mostra del “cavaliere errante” Kandisnkij è corredata anche proprio di una “stanza sonora” interattiva, animata da brevi frammenti di musica dell’astrazione.
Ma altre due installazioni arricchiscono l’esposizione. La proiezione di pagine del diario che l’artista, nato a Mosca nel 1866, tenne del viaggio-spedizione compiuto nel 1889 nel nordico Governatorato di Vologda: esperienza fondamentale, coloratissima, gli abitanti “vive immagini dipinte che si muovevano su due gambe”, le sale delle isbe che lo circondavano di pitture. Insieme agli oggetti d’arte applicata, giocattoli, arredi, “lubki” ovvero stampe popolari, quelle pagine intendono fare viaggiare anche i visitatori dell’esposizione. Come i particolari a grandi dimensioni di sei capolavori di Kandinskij in mostra, da toccare con il palmo della mano per leggervi coinvolgenti storie visive.
Firmata da 24Ore Cultura, curata da Silvia Burini e Ada Masoero, la mostra al Mudec è ricca di 49 opere, scelte per raccontare il “periodo del genio” del maestro russo teso alla scoperta del mondo inedito dell’astrazione, nonché di 85 fra icone, stampe popolari ed esempi di arte decorativa, opere alcune mai viste in Italia, prestiti eccezionali di musei quali l’Ermitage o il Tret’jakov. Giunte da quella Mosca che Kandinskij lasciò definitivamente nel 1921 – morirà a Neuilly-sur-Seine nel 1944 -, dopo avere scoperto, per regalarla al mondo, la lezione delle icone di San Giorgio, della linea bianca del campanile di Ivan Velikij, della testa d’oro della sua cupola, “il vero sole di Mosca”. Tesori da dipingere in quadri dentro i quali gli spettatori potessero “passeggiare”.
Mudec, Milano, via Tortona 56. Fino al 9 luglio. Catalogo 24Ore Cultura. Info: 02.54917.