Guerra di sindacati per gli “shopper”: sfida tra nuove e vecchie sigle per la firma del contratto

Servizi di consegna-spesa Everli, Cgil e Deliverance contro l’asse Usi-Fisi: “Non sono rappresentative”

Una manifestazione della Cgil per chiedere più sicurezza per i fattorini in bicicletta

Una manifestazione della Cgil per chiedere più sicurezza per i fattorini in bicicletta

Le sigle e gli interessi contrapposti si moltiplicano, in una partita che ha come posta in gioco le condizioni di lavoro degli “shopper", cioè i circa mille lavoratori a partita Iva che si occupano della consegna della spesa a domicilio per conto della società Everli, ex Supermercato24.

Da una parte c’è l’associazione Unione Shopper Italia (Usi) e il sindacato Fisi, che oggi si incontreranno nella sede milanese di Everli per la firma di un contratto di lavoro che verrebbe calato su tutti i collaboratori. Dall’altra ci sono gli altri sindacati, dalla Cgil a Deliverance Milano, che contestano il tentativo di "servirsi di sigle di comodo, non rappresentative, per proporre un’organizzazione del lavoro basata sul massimo sfruttamento".

Poi c’è il Coordinamento Shopper Italiano (Cosi), creato da lavoratori di Everli, che chiede all’azienda di fermarsi e di avviare una "vera contrattazione", costruendo una cornice che inquadri gli shopper come autonomi migliorando però le condizioni e stabilendo tutele nella giungla delle piattaforme. Everli, da parte sua, risponde al Giorno con un "no comment".

Una vicenda intricata che riguarda il tema dei "contratti pirata" e le regole per lavori che, anche in seguito alla pandemia, sono sempre più diffusi e sono finiti al centro di una battaglia europea. Il sindacato Fisi era salito alla ribalta quando aveva promosso proteste contro "l’obbligo vaccinale" e contro il Green pass, offrendo "assistenza gratuita a tutti i danneggiati da vaccino". Un punto di riferimento nella galassia No Vax e No Green pass - secondo gli altri sindacati "vicino ad ambienti di Casa Pound" - che ora rispunta come firmatario di un contratto di lavoro per gli shopper.

"Abbiamo diffidato l’azienda dal procedere con la sottoscrizione", spiegano Nidil e Filcams Cgil, che avevano già dato battaglia contro un precedente tentativo vincendo un ricorso per condotta antisindacale e ora minacciano una nuova causa. Deliverance Milano, sindacato nato nel mondo dei rider, chiede per gli shopper "un perimetro definito di regole a prescindere dall’inquadramento contrattuale, uscendo dalla gabbia del cottimo".

Attualmente uno shopper, a partita Iva, riceve un netto che nei casi più fortunati supera di poco i mille euro al mese. "Riceviamo un rimborso di 9 centesimi al chilometro – spiega un rappresentante del Cosi – sono condizioni inaccettabili. L’azienda deve ascoltarci". Nodi da sciogliere in una galassia che vede le piattaforme procedere in ordine sparso.

La maggior parte dei colossi del delivery inquadra i rider come autonomi. Just Eat, invece, due anni fa ha rotto il fronte applicando la subordinazione attraverso un accordo con i sindacati. Anche in questo caso, però, non sono mancate proteste legate alle condizioni di lavoro. Ora Just Eat, in occasione del Primo maggio, annuncia l’assunzione di duemila nuovi rider in Italia nei prossimi 12 mesi. "Ci auguriamo che il settore possa al più presto essere regolamentato in modo più puntuale – spiega il country manager, Daniele Contini – con formule lavorative più tutelanti e regole condivise da tutti".

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