
Galleria Vittorio Emanuele II, nel centro di Milano
La notizia buona è che la corsa verso l’alto dei prezzi, nel confronto mese su mese sulla base dei dati Istat, si arresta a Milano su un valore medio pari a zero: da aprile a maggio non c’è stata, a livello generale, un’ulteriore crescita.
Quella cattiva è che il confronto fra maggio scorso e lo stesso mese del 2022 segna ancora un +7,9% (poco sopra la media nazionale: +7,6%), che si traduce in una stangata per i milanesi. Dato che porta Milano sul podio nella classifica, stilata dall’Unione Nazionale Consumatori, delle città italiane più colpite dal carovita.
I freddi numeri si traducono in famiglie impoverite, risparmi bruciati e stipendi che non bastano per arrivare alla fine del mese, visto che il tasso di inflazione tendenziale si traduce per una famiglia media milanese in una maggiore spesa aggiuntiva annua di 2.145 euro. Il “paniere“ analizzato dall’Unità servizi statistici del Comune di Milano fotografa la situazione. Nel confronto fra maggio 2022 e lo stesso mese del 2023, acquistare prodotti alimentari e bevande costa l’11,8% in più.
I rincari più alti per riso (+33,2%) e pasta (+17,8%). Aumentano del 13,5% i costi di abitazione, acqua, elettricità e combustibili. Anche i servizi ricettivi e di ristorazione registrano un aumento (+11,6%) che non risparmia cultura e spettacoli (+6,1%), abbigliamento (+3%), spese per la salute (+2,1%) e trasporti (+3,9%). Unica voce con il segno meno è l’istruzione, con un -0,8%.
Una corsa verso l’alto che sembra invece arrestarsi nel confronto mese su mese, fra aprile e maggio del 2023. La lieve crescita dei prezzi di cibo e bevande (+0,9%) è compensata dal calo delle bollette (-0,6%) e da altre voci con segno meno, raggiungendo una media di zero. E gli stipendi stagnanti scaricano le conseguenze dell’inflazione sulle spalle di chi ha contratti precari e con paghe basse.
Matteo Gaddi, ricercatore della Fondazione Sabattini e coautore del libro collettaneo “L’inflazione. Falsi miti e conflitto distributivo”, ha calcolato l’erosione dello stipendio subita dai lavoratori dipendenti. Il salario reale di un operaio milanese del settore dei servizi da gennaio 2020 allo scorso aprile è calato dell’11,62%. Per un impiegato o un quadro dello stesso settore il calo è stato invece dell’11,21%.
Nell’industria la media fra operai e impiegati è un -10,36%. Significa, in sostanza, che chi percepiva mille euro al mese prima della pandemia adesso, considerando l’impennata dei prezzi, vede andare in fumo una fetta di stipendio superiore a 100 euro, che fa crollare il suo potere d’acquisto.