DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Linguaggicreativi, Trotti: "È nei piccoli teatri come il nostro che si cresce"

Si cerca di resistere. "Fa piacere parlare di cultura a Milano ma poi percepisci un’attenzione diversa per bar e ristoranti"

Paolo Trotti, regista e autore, co-direttore artistico da oltre 10 anni del Teatro

Milano, 11 gennaio 2021 -  Questo articolo è contenuto nella newsletter "Buongiorno Milano".  Ogni giorno alle 7, dal lunedì al venerdì, gli iscritti alla community del «Giorno» riceveranno una newsletter dedicata alla città di Milano. Per la prima volta i lettori potranno scegliere un prodotto completo, che offre un’informazione dettagliata, arricchita da tanti contenuti personalizzati: oltre alle notizie locali, una guida sempre aggiornata per vivere in maniera nuova la propria città, consigli di lettura e il commento di un ospite. Per ricevere via mail la newsletter clicca su  www.ilgiorno.it/buongiornomilano

Da più di dieci anni guida Linguaggicreativi. Insieme a Simona Migliori. In via Villoresi Paolo Trotti cerca di resistere alla tempesta. Proteggendo tensioni intellettuali e indipendenza. Ma oggi? Non facile delineare il futuro di quei piccoli/grandi spazi che compongono la scena milanese. E che in realtà ne mantengono accesa buona parte della vivacità artistica. In questo caso con un’attività ramificata. Dove l’impegno produttivo (“La nebbiosa”, “I ragazzi del massacro”, “La purezza e il compromesso”), s’intreccia al dialogo con il territorio e ai percorsi didattici.

Paolo, su cosa stava lavorando prima del lockdown? "Sul “Tiresia” con Federica Gelosa. Avrebbe dovuto debuttare a marzo scorso, lo stiamo immaginando su novembre. Ma un tempo così ampio cambia tutto".

Cosa intende? "La vita modifica uno spettacolo. Un tema come quello della morte può risultare desueto dopo questa esperienza e ci si trova a ripensare il proprio sguardo. Mi accorgo di avvicinarmi sempre più alle performing arts, a un linguaggio multidisciplinare dove respirare la vita anche nei suoi inciampi e negli stupori".

Cosa sta succedendo a Linguaggicreativi? "Siamo chiusi da marzo. Abbiamo investito per sistemare la sala secondo le norme sanitarie ma siamo rimasti aperti pochissimi giorni a ottobre. La domanda è sempre come possano lavorare i centri commerciali e non i luoghi della cultura. Ma trovo più drammatico tenere chiuse le scuole che i teatri. La nostra generazione si definiva “No future”. Ma oggi i ragazzi quel futuro non ce l’hanno davvero".

Com’è il dialogo con l’amministrazione? "Abbiamo vinto alcuni bandi. La cultura rimane argomento di cui fa piacere parlare a Milano ma poi percepisci un’attenzione diversa per bar e ristoranti. Stiamo progettando un festival estivo, lo vorremmo fare in un parco ma la commissione chiede fino a 4 euro al metro quadro... Sono settori diversi, certo. Ma che in un’amministrazione dovrebbero parlarsi. E invece si fatica a trovare interlocutori".

Sente una distanza fra il teatro e la politica? "Sì ma c’è sempre stata. Qui si aggiunge l’assenza di un ministro, la cui unica proposta è stata quella del Netflix del teatro, che conferma l’incapacità di comprendere il lavoro che facciamo. È nei piccoli spazi come il nostro che le persone hanno la possibilità di crescere, è qui che si sperimenta. Ma mancando quel tipo di sensibilità non mi sorprendo di nessuna decisione".

Che fare dunque? "Tornare a un’arte che osservi la società e che si ricordi di essere politica, aspetto che le appartiene fin da quando i primi uomini disegnarono mammut sulla parete".

Cosa ne pensa del teatro in streaming? "Non lo demonizzo e non penso che sia la soluzione. I linguaggi si influenzano, non necessariamente in maniera negativa. Credo che la polemica sia stata dannosa. Ci vedo un po’ di spocchia, un atteggiamento reazionario verso il nuovo. La tendenza a preservare il vecchio e a rigettare lo sconosciuto. Ma la natura del teatro è opposta, per quanto anche questa frase suoni assolutista".

Cosa le manca di più? "Il contatto con gli altri. Solo così si alimentano le idee. Non pensavo che l’avrei mai detto ma mi mancano le persone".