Queen at the Opera: la magia di Freddie Mercury & Co. inonda il Nazionale

Lo show è molto più di una collezione di cover o di un tributo Scorcelletti: "La difficoltà più grossa è stata quella di unire orchestra ed energia della band, ma in questi nove anni siamo cresciuti"

Queen at the opera

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Milano – “Bohemian Rhapsody” e dintorni. Sono quattro le repliche milanesi di “Queen at the Opera” il kolossal rock-sinfonico concepito attorno alle musiche di Freddie Mercury & Co. in scena da oggi a domenica sul palco del Nazionale. A detta degli autori, molto di più di una collezione di cover, di un semplice concerto-tributo, quanto piuttosto un viaggio immersivo, complici i visual di gran qualità, in quella commistione speciale tra rock e orchestra che ha reso classici senza tempo brani come “We will rock you”, “Radio Ga Ga”, “We are the champions”, “The show must go on”, “Who wants to live forever” “Another one bites the dust” interpretati per l’occasione da un ensemble di 30 professionisti.

Cresciuto dal 2015 attorno ad un’idea del produttore musicale e direttore artistico Simone Scorcelletti, lo spettacolo si avvale, infatti, delle voci di Luca Marconi (“Notre Dame de Paris”, ma anche “Queen at the Opera” fin dagli esordi), Federica Morra, Francesco Montori, Luana Fraccalvieri, o il soprano Giada Sabellico a suo agio pure in brani come ‘Barcelona’ o ‘The fallen priest’ interpretati originariamente da Freddie con Montserrat Caballé.

«La difficoltà più grossa è stata probabilmente quella dell’orchestra classica con l’energia della band", ammette Scorcelletti. "Dalla prima versione di nove anni fa siamo cresciuti tantissimo sia in termini tecnici che artistici, oggi vantiamo la collaborazioni di primissimo piano". Questo grazie anche alle continue tournée. Lo spettacolo torna infatti a Milano un anno dopo il passaggio agli Arcimboldi. "I Queen hanno rappresentato una tappa fondamentale della crescita artistica perché quando inizi a scoprire le potenzialità della tua voce finisci inevitabilmente a confrontarti con qualcuna delle loro canzoni", dice Marconi.

"Studiare Freddie Mercury è come sfogliare un dizionario della musica che ti consente d’imparare cose importantissime. Ecco perché in scena è come se cantassi al pubblico canzoni mie. Anche se con tutta l’autenticità e il rispetto imposti da un repertorio così popolare e amato. Quando hai un sentimento autentico e profondo da esprimere, è facile raggiungere l’animo di chi è seduto lì davanti ad ascoltarti".

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