
L’architetto e designer Paolo Lucchetta, fondatore nel 1999 di RetailDesign
Milano – “Le librerie saranno le future piazze d’incontro”. Così esclamò la sera dell’inaugurazione della libreria Rizzoli in Galleria, dietro i suoi inconfondibili occhiali tondi, Paolo Lucchetta, architetto e interior designer che del restyling della Rizzoli è stato l’ideatore.
Librerie e piazze sono luoghi d’incontro?
“L’incontro, un concetto astratto, fatto in primis di persone e di gesti, si declina costantemente nell’architettura e nei paesaggi urbani, nelle piazze e, perché no, nelle librerie, considerate di fatto spazi d’incontro, spazi comunitari, una sorta di estensione fisica delle sfere della socialità e della cultura. Mentre assistiamo alle trasformazioni del pianeta rispecchiate nell’impulso della tecnologia verso un futuro al tempo stesso più collettivo e frammentato, i luoghi dei libri rappresentano una delle modalità più diffuse in cui ci riuniamo, dove riflettiamo e proviamo con e per gli altri l’emozione, lo stare insieme, l’empatia. Come le piazze, appunto, si dice che i libri fanno muovere la società più rapidamente della politica”.
Ma il mondo oggi sembra essere più tecnologia e meno relazione. Che ne pensa?
“La tecnologia rappresenta certamente l’inevitabile e utile strumento a nostra disposizione per innovare la condizione dell’abitare sull’intero pianeta. Altrettanto necessario, in un’epoca in cui la crisi ambientale, la migrazione, le disuguaglianze ridefiniscono la nozione stessa di casa, di città, di ambiente, ripensare l’architettura soprattutto come luogo della relazione, è un atto di umanizzazione più che necessario”.
Come sarà Milano quando il virtuale avrà sostituito il reale?
“È una visione che non percepisco, perché credo appunto che l’umanizzazione della tecnologia possa creare nuovi scenari e generare nuova bellezza. Vedere, sentire, pensare, parlare: questi gesti potranno con l’aiuto delle tecnologie far aprire gli occhi sul futuro nel quale in fondo siamo destinati ad essere nuovi pionieri, chiamati ad esplorare il mondo, a dare nomi alle cose, a bruciare le nostre lingue con gusti che nessuno aveva ancora provato, a camminare territori finora inabitati”.

Se dovesse elaborare idee, schemi urbanistici e sociali per Milano a cosa penserebbe?
“L’emblematica modernità del passato ha plasmato il volto di Milano e ci proietta verso le configurazioni del futuro. È necessario perseguire chiarezza architettonica e sensibilità nei confronti dell’ambiente costruito, creando una sorta di Archeologia del Futuro. Il tentativo è quello di fondere la città e l’ambiente costruito in un tutt’uno, un insieme dí possibilità di evoluzioni future annullando ogni possibile distinzione tra modernizzazione e conservazione. La riqualificazione di spazi costruiti riveste il ruolo di definire il nostro rapporto con la cultura e la socialità nei contesti urbani. Concetti di spazi non univoci ed unitari, ma flessibili e adattabili nelle funzioni”.
Qual è la variabile guida che porrebbe al centro dei suoi progetti di rigenerazione urbana?
“Se l’uomo del passato era una macchina che faceva distinzioni, nel futuro potrebbe diventare un seguace della disciplina del blending tra classi, identità, culture e popolazioni. Le architetture rigenerate potrebbero diventare la cucina di una nuova visione, dentro di loro la città trovare un nuovo sapore”.
“We build connections between places, things and people” si legge sul suo profilo social. Pensando al domani di Milano cosa costruirebbe?
“Viviamo in un tempo nel quale per gli architetti, i diagrammi distillano intenzioni, rapporti e limitazioni all’interno di un’immagine che conferisce un aspetto oggettivo alla natura intrinsecamente soggettiva del design. In tutte le città italiane, nei meravigliosi centri storici del nostro paese, si descrive con diagrammi e dati un fenomeno determinato da un eccesso sviluppo di un turismo abrasivo e poco sostenibile e un lento ed inesorabile spopolamento dei centri storici divenuti perlopiù inaccessibili da giovani generazioni e innovatori. Il tema della creazione di opportunità di nuove professioni e nuove cittadinanze come iniezione di linfa nei tessuti sociali delle nostre città dovrebbe essere al centro del progetto di quelle connessioni che promuoviamo con convinzione da tempo.
Progetti futuri milanesi?
“A proposito di diagrammi, per Milano siamo coinvolti in progetti urbani che partono dalla consapevolezza che vi sono in città 300.000 studenti di cui il 25% stranieri. Questa comunità immaginaria suggerisce spazi sociali e commerciali nei luoghi di transito e di relazione della città che potranno assecondare il ruolo di Milano città dell’innovazione e della cultura sostenibile, nella visione di costruire elementi di quella Archeologia del Futuro alla quale aspirare”.