REDAZIONE MILANO

Oum Kalthoum, libertà di cantare

Il ritratto della diva, signora del mondo arabo di MARCO MANGIAROTTI

Oum Kalthoum

Milano, 18 febbraio 2016 - La diva del Cairo. Zidane, amico e intellettuale marocchino, mi ha regalato questo ritratto e questa parabola su un’altra cultura. La signora Oum Kalthoum. Accadde oggi, 3 febbraio 1975. Una marea umana di oltre quattro milioni di persone in lutto segue il feretro della Diva per il suo ultimo viaggio. Il corteo funebre supera i 12 chilometri di lunghezza per le strade del Cairo. Il New York Times lo definì uno dei sei funerali più grandi del secolo, e Al-Ahram, il più autorevole quotidiano egiziano, parlò di quattro suicidi tra i fans increduli. È morta quella che gli egiziani chiamavano affettuosamente “Essitt”, la Signora, l’intramontabile icona per la quale il mondo arabo coniò a sempre l’appellativo di “Kawkab a-shark”, l’Astro d’oriente. Una delle più celebri o forse la più celebre e amata cantante della storia araba. Capitò che il parlamento egiziano dovette interrompere le sue sedute per permettere ai deputati di seguire i concerti di Oum Kalthoum trasmessi in diretta radiofonica. Non era egiziana, forse non era neanche araba, per tutti noi era ed è Oum Kalthoum e basta. L’ultimo collante che ha tenuto insieme il frastagliato mondo arabo, per Le Figaro “l’Èdith Piaf degli arabi, con diversi milioni di fans in piu”. Suo padre era un uomo di fede, furono proprio i capi religiosi del villaggio a farla portare al Cairo per intraprendere la carriera artistica. Altri tempi rispetto al dogma che sostiene che la musica distrae dalla preghiera.

di MARCO MANGIAROTTI