
Sergio Cavandoli in una delle stanze dello studio in cui venivano elaborati i filmati. “Tutto è rimasto tale e quale a quando lavorava mio padre”. Per realizzare una sola puntata per Carosello servivano 1.500 disegni. Sotto, “La Linea“
Milano, 3 marzo 2025 – “Quando ero piccolo, per me questo era il Paese delle meraviglie. Pieno di luci, di colori, di macchine, di pupazzi”. Forse, per Sergio Cavandoli, quello che fu lo studio-laboratorio artigianale di suo padre Osvaldo Cavandoli, dove nel 1968 prese forma il personaggio de “La Linea“ conosciuto in tutto il mondo, protagonista di pubblicità degli anni Sessanta e Settanta e poi di una fortunata serie, non ha mai smesso di essere quel posto magico intriso della sua infanzia. Un luogo da fiaba in via Prina 10, a un passo da corso Sempione, dove dare forma ai sogni. Sergio torna bambino ogni volta che racconta la storia di suo padre e i segreti delle sue creature animate, ora che di anni ne ha 73 ed è lui a prendersi cura di “Studiocine Cavandoli“ diventato studio-museo, l’unico atelier milanese rimasto dall’epoca di Carosello, aperto alle visite su appuntamento, che in questi giorni spalanca le porte per la nona edizione di Milano MuseoCity, la manifestazione diffusa promossa dal Comune di Milano in collaborazione con l’Associazione MuseoCity Ets.

“Mio padre temeva che nessuno lo avrebbe più ricordato”. Ma così non è. Intanto, il nome del celebre animatore, regista e fumettista scomparso il 3 marzo del 2007 all’età di 87 anni – oggi è il diciottesimo anniversario – è dal 2017 tra quelli dei milanesi illustri che brillano nel Famedio del Cimitero Monumentale. E, soprattutto, la genialità del “Cava“, come si firmava nelle vignette, rivive negli sguardi e nei pensieri di chi la riscopre o la incontra per la prima volta.
Nato a Toscolano Maderno sul lago di Garda, a 2 anni il “Cava“ è già milanese, trasferitosi ai piedi della Madonnina con la famiglia. Esordisce nel disegno tra il 1936 e il 1940, quando lavora per l’Alfa Romeo. Poi, nello studio di Nino Pagot, uno dei maestri del film d’animazione italiano, scopre la sua vocazione collaborando alla realizzazione del lungometraggio “I fratelli Dinamite“. Dopo, apre un’attività in proprio: Pupilandia, specializzata nella realizzazione di pubblicità con i pupazzi animati, insieme al socio Ugo Moroni, in arte Gelsi. “Si era procurato strumenti e attrezzi da magazzini. Per esempio le cineprese del cinema muto, che già allora erano pezzi da museo. Le prime prove venivano fatte nella cantina di casa – ricorda il figlio Sergio –. Finché, all’inizio degli anni Cinquanta, affittò questo posto. Pitturò di azzurro la parete del set, che doveva essere il cielo. Realizzò le nuvole con l’aerografo. Per hobby si dilettava nell’aeromodellismo, quindi aveva una grande manualità. Ideava e dava forma da sé a pupazzi, oggetti di scena e scenografie. Creava anche i cartamodelli per i costumi, che poi venivano realizzati da mia madre e da mia zia in pannolenci”. Nel filmato “Il nuovo Cappuccetto rosso“, nato per la réclame di budini, Cavandoli aveva immaginato il lupo a bordo di una macchina rossa fiammante, altra sua creatura, che oggi è in bella vista nella casa museo. Le bocche dei pupazzi cambiavano espressione grazie a calamite, i personaggi si muovevano anche a ritmo di musica (come nell’orchestra di “Jack lo sfregiato“ che pubblicizzava un rasoio) e in un altro film c’è un cavallo che si muove grazie a meccanismi che davano l’impressione di vedere i muscoli dell’animale. Ritorna al cinema disegnato nel 1960 e diventa una delle colonne portanti del “Carosello“ inventando diversi personaggi: in testa, Mister Linea, l’omino bidimensionale delle storie de “La Linea“.
“Avevo 18 anni – racconta Sergio – e un giorno, prima di pranzo, mio padre disse: “Mi è venuta un’idea: un personaggio essenziale, creato da una mano. Bisogna togliere tutto il superfluo, per fare animazione come si deve non devo perdermi nella definizione dei dettagli“. All’inizio, non lo voleva nessuno”. Poi fu scelto dal marchio Lagostina, “si adattava benissimo al logo” e, doppiato da Carlo Bonomi, divenne tra i personaggi più amati di Carosello. L’omino ebbe vita propria dal 1972 in poi, con la serie di 90 episodi da due minuti e mezzo ciascuno diffusi via via in una cinquantina di Paesi. A volte, la mano delle sequenze animate è quella di Sergio. “C’è un fotogramma, in un episodio, in cui le nostre mani compaiono insieme: prima che Mr Linea si tuffi nell’acqua inesistente, quella di mio padre lo ferma. E la mia intanto disegna l’acqua”.
Ora Sergio, che è stato direttore della fotografia e operatore televisivo, è in pensione e si dedica allo studio-museo. “Quando non ci sarà più questa mano – dice suo padre in un video, parlando con Mr Linea – tu vivrai ancora”. Ma il Cava resta in ogni sua creatura. Aveva pensato a tutto, persino ai biglietti da spedire agli amici dopo la sua morte, trovati dal figlio in una scatola: Mr. Linea piange sul profilo del suo papà, con in mano un bouquet di matite variopinte. “Le colorò papà, una per una”.