Negramaro andata e ritorno per Milano: "Il primo San Siro non si scorda mai"

La band in città per il nuovo album “Contatto”. Sangiorgi: abbozzavo canzoni sul tram 16, la nostra musica è cresciuta qui

I Negramaro

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Milano, 1 dicembre 2020 - Alla ricerca di un suo centro di gravità (permanente) pure una band "diffusa" da un capo all’altro del Paese come i Negramaro sembra averlo trovato a Milano. Il nuovo album “Contatto”, ad esempio, li ha portati ad orbitare tutti e sei attorno allo studio del tastierista e produttore Andrea Mariano a Barona. A parlarne è il "frontman" Giuliano Sangiorgi.

Che 2021 si aspetta? "Parafrasando il testo della canzone “Contatto” mi verrebbe da dire: “Non è mai per sempre, tutto quello che fa male, e se così non fosse penseresti di star bene, anche quando addosso hai più lividi che amore, anche quando credi che per te sia impossibile morire”. Questo 2020 ha fatto tanto male, lasciando in tutti grande dolore, quindi per il prossimo anno mi auguro di riscoprire il “contatto” con la fine della paura di abbracciare, toccare, stringere a noi le persone".

Dal Salento a Milano andata e ritorno. "Ora lo studio di “Andro” è diventato un punto nevralgico per le attività produttive della band, ma grazie anche alla presenza della nostra casa discografica, Milano è da sempre al centro di quel che facciamo. Io ci ho pure vissuto, a cavallo tra il 2002 e il 2003, ai tempi dell’uscita del nostro primo album. Ricordo che “Mentre tutto scorre” l’abbozzai proprio sul tram numero 16, nel tragitto che porta da Viale Umbria a Piazza Duomo".

Com’è cambiata la città rispetto a quando, nel 2002, firmaste il vostro primo contratto con Sugar iniziando una frequentazione diventata sempre più assidua? "Mi ricordo ancora con le cuffiette del primo iPod infilate nelle orecchie a passare la notte alla scoperta della città ascoltando le canzoni dei Radiohead, dei primi Starsailor e dei primi Coldplay. Ricordo pure che ad un certo punto, ovunque mi trovassi, spegnevo tutto e iniziavo a scrivere per poi completare l’abbozzo di canzone una volta rincasato. Abitavo in zona Viale Umbria, a casa di mia zia Antonella, professoressa di matematica, abituata a sopportare con pazienza infinita le canzoni cantate a squarciagola fin nel cuore della notte".

Quanto a stimoli creativi, la metropoli funziona? "Vent’anni fa Milano non era la città ben organizzata di oggi, un posto solare nonostante lo smog e le nuvole grigie, dove tutto è più a misura d’uomo di un tempo. Io vivo a Roma, città bellissima ma con tutte le criticità della metropoli amministrata così così. Milano dà l’impressione di essere gestita meglio. Qui gli stimoli vengono dal cuore, in centro come in periferia. O in provincia. Noi Negramaro ce la ricordiamo ancora l’emozione il concerto al Circolo degli Artisti di Legnano durante la nostra prima tournée. Dovendo trovare un anello di congiunzione tra la nostra Lecce e New York penso, sinceramente, più a Milano che a Roma".

Il primo San Siro non si scorda mai. È stato così anche per voi? "La musica dei Negramaro è cresciuta a Milano, che l’ha ospitata in posti sempre più accoglienti fino a portarla a San Siro. Ricordo ancora che quell’ultimo giorno di maggio del 2008 bastò il primo pezzo, “La distrazione”, per capire che avrei dovuto mettere da parte ogni ansia perché il Meazza non era un ostacolo da superare più velocemente possibile, ma un piacere da godersi fino in fondo. Così ripensai i tempi della scaletta in modo da rallentare il flusso delle canzoni per renderle un’onda più avvolgente possibile. Su e giù dal palco non c’erano battaglie in corso, infatti, ma solo una grande voglia di festa".

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