Milano – Si sa, il Milanese Imbruttito ha poche ma inossidabili certezze: la città, il lavoro (fatturare), la family. Ma la confusione è grande sotto il cielo. E così, tutto ad un tratto, per una battuta infelice e un altrettanto infelice cambio di proprietà nella sua azienda, si ritrova a vivere una sorta di contrappasso: disoccupato senza prospettive, obbligato dal destino a trasformarsi in rider, per cercare di rimettere a posto i pezzetti della sua esistenza. Chissà mai che impari qualcosa.
Insomma: lo si era lasciato bello solido nel suo mondo, dopo essere stato sedotto da un chiringuito sulla spiaggia. Lo si ritrova nel delirio vero ma tutto da ridere di ‘Ricomincio da Taaac’, da giovedì nei cinema diretto dal collettivo del Terzo Segreto di Satira (Pietro Belfiore, Davide Bonacina, Andrea Fadenti, Andrea Mazzarella e Davide Rossi). Protagonista sempre lui: Germano Lanzoni. Affiancato fra gli altri da Brenda Lodigiani, Paolo Calabresi. Valerio Airò, Laura Locatelli, Claudio Bisio, Francesco Mandelli, Raul Cremona.
Lanzoni, ha il tono felice.
“È un grandissimo privilegio presentare un proprio film. E poi abbiamo vinto il derby, non è poco”.
Questa volta l’imbruttito vive una sorta di contrappasso.
“Ma la cosa più interessante è che succede nella sua città. È Milano che lo mette al muro con le sue stesse armi. E lui perde di brutto. Se vogliamo è anche un contrappasso generazionale, che coinvolge un certo modo di pensare che il mondo debba sempre adeguarsi alla tua mentalità”.
Quanto è forte la critica sociale?
“Parliamo comunque di una commedia, si ride tantissimo. Ma diciamo che il Terzo Segreto non ha tradito sé stesso. Non è una comicità solo d’intrattenimento. D’altronde viviamo una società in cui la discrepanza sociale è diventata una voragine. C’è chi guadagna montagne di soldi e chi tre euro all’ora”.
Milano sembra un apice in questo senso.
“È una città per ricchi e per chi vuole diventare ricco. Dove ogni cosa è messa a profitto. Non si apre più a chi arriva, non le interessa imparare dagli altri aiutandoli a coltivare il loro futuro. Ma così facendo s’impoverisce. Milano non ha bisogno di altra gente che sboccia e che sciabola, si sente invece la mancanza di persone che facciano sbocciare le teste”.
Cosa si tiene stretto?
“La sua bellezza. E quell’identità capace di rimodularsi nel tempo, costruita sulla contaminazione. Seguiamo le regole, abbiamo assorbito una certa grandeur ma sappiamo pure fare festa. Uno spirito che nasce dalla stratificazione di chi è stato nella città. Ed è da lì che passa poi la libertà individuale”.
Come si trova al cinema?
“Per me il set è una droga ad altissimo potenziale. Sono circondato da cento persone straordinarie che lavorano al massimo per permettermi di fare il mio mestiere: l’attore. In questo caso con un cast spaziale e la grande scrittura del Terzo Segreto”.
Renato Pozzetto lo omaggiate fin dal titolo.
“Pensi che il taaac nacque al Derby, se lo era inventato Mario Valera, uno che passava spesso e gettava lì queste perle. Per noi “Ragazzo di campagna“ rimane una pietra miliare assoluta al cinema. Così come Cochi e Renato sono tuttora dei mostri irraggiungibili. Me ne sono accorto perfino qualche sera fa”.
Cosa è successo?
“Festeggiavamo i vent’anni di Democomica, la mia compagnia teatrale, e Cochi era in platea. Alla fine abbiamo intonato “Canzone intelligente“, che per chi fa questo mestiere a Milano è un punto di partenza e di arrivo. Cochi è salito sul palco con noi e l’ha fatta in una maniera talmente nuova, surreale, inaspettata, che ci siamo accorti di quanto sia ancora oggi più avanti di tutti noi. Come per altro sono sempre stati quei ragazzacci del cabaret milanese, con quella loro forza ineguagliabile, il talento. La voglia affamata di vivere”.