ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Max Giusti è il Marchese del Grillo al Sistina Chapiteau. “Milano ha una gran voglia di romanità”

Sotto il tendone dello Scalo Farini dal 26 al 28 gennaio. “Questo adattamento di Piparo e Gianni Clementi sembra fatto per me”

Max Giusti in scena

Max Giusti in scena

Milano – “Io so’ io e voi… che ne pensate?”. Da quasi quarant’anni Max Giusti va in cerca sulla scena di una gratificazione del pubblico che lo allontana anni luce dalla battuta-madre di quel “Il Marchese del Grillo” che porta a Milano dal 26 al 28 gennaio sotto il tendone del Sistina Chapiteau allo Scalo Farini nella versione musical che il regista Massimo Romeo Piparo ha attinto dalla celebre pellicola di Monicelli con le musiche originali di Emanuele Friello.

"Sono molto, molto, orgoglioso di questo spettacolo, impreziosito da un allestimento d’altri tempi, degno del Sistina anni 60-70, con ventisette attori in scena, scene e costumi straordinari" racconta Giusti, 55 anni. "So benissimo che il testo è stato scritto per un Alberto Sordi all’apice della carriera, ma ho avuto la fortuna di incrociare sulla mia strada questo adattamento teatrale di Piparo e Gianni Clementi che sembra fatto per me".

Soddisfatto, quindi.

"Sapevo che sarebbe andata così, che sarebbe stato un successo. Non appena letto il copione mi sono reso conto di essere pronto ad affrontarlo. Di esserne all’altezza, nonostante tutti m’attendessero al varco. Prima di arrivare a Milano ho affrontato l’esame di dieci piazze e 85-90 mila spettatori, senza una sola recensione negativa".

Visto lo sdoppiamento su cui gioca la trama, in cuor suo si sente più marchese o carbonaro?

"Carbonaro. Perché Max ha un fondo di purezza che ad Onofrio del Grillo manca. Pure a me piacciono gli scherzi, ma quelli che durano poco. Mentre i suoi sono a volte feroci, spietati. Anche se per un fine importante come quello di mostrare che l’abito spesso fa il monaco e che l’arroganza del potere va smontata. Con quel che si vede in giro, temi attuali ieri come oggi".

Ma quando le è stato proposto, ha pensato al Marchese interpretato da Sordi sul set e da Montesano nella prima versione di questo musical?

"No. Mi sono passate davanti le facce dei tanti, bravissimi, attori romani che avrebbero potuto essere al mio posto e invece è toccato a me. Per andare in tournée ho congelato due film e ho smesso di fare un prime time in tv, con un sacrificio anche economico importante. Ma ne è valsa la pena. Il Marchese del Grillo, infatti, non è di Piparo, né di Monicelli o di Sordi. È degli italiani. Non volendo imitare nessuno, ho approcciato il copione da attore, lasciando uscire quello che nel tempo Sordi mi aveva lasciato dentro guardando alla televisione ‘Storia di un italiano’, il programma sui suoi personaggi ideato assieme a Giancarlo Governi e Rodolfo Sonego. Sulla scena è faticosissimo passare in continuazione dai panni del Marchese a quelli di Gasperino il carbonaro, ma l’ovazione del pubblico ripaga qualsiasi sforzo".

Il Sordi preferito?

"Quello di ‘Una vita difficile’, film in cui rivedo la generazione dei miei genitori. Ma anche l’Alberto di ‘Polvere di stelle’, di ‘Io so che tu sai che io so’, di ‘Un borghese piccolo piccolo’ e, quando voglio sognare, di ‘Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata’. Anche se il film della vita, quello in cui trovi tutti i colori del vero attore, è ‘La Grande Guerra’ con un Sordi e un Gassmann inarrivabili. Su quel film, fra l’altro, intervistai Monicelli in persona ad una Mostra del Cinema di Venezia".

Nessuna ansia nel portare in scena a Milano una vicenda prettamente romana?

"Penso che Milano abbia una gran voglia di Roma e della romanità. E non solo gastronomica, vista la proliferazione di ristoranti che c’è stata in questi ultimi anni, ma anche artistica. Nel tempo ho fatto in città di tutto, da ‘Aggiungi un posto a tavola’ a ‘Se il tempo fosse un gambero’, ho fatto pure uno spettacolo di Capodanno al Teatro Nuovo, sempre con un’ottima accoglienza".

Un musical a cui direbbe sì di getto?

"Probabilmente ‘School of rock’. Anche se l’ha già fatto Lillo”".