Milano – La sua interpretazione di Liù in “Turandot“ ha affascinato il pubblico di Verona e gli spettatori televisivi che l’hanno seguita con trepidazione. Mariangela Sicilia (nella foto) ha aperto la stagione dell’Arena con il capolavoro di Giacomo Puccini diretto da Michele Spotti, attualmente visibile sulla piattaforma Raiplay; nella serata di chiusura del festival, il 7 settembre, il soprano sarà Micaela in “Carmen“ di George Bizet, sul podio Daniel Oren. Dopo aver trionfato alla Scala in “La rondine“ di Puccini, Mariangela annuncia che tornerà al Piermarini a novembre per un concerto dedicato al genio di Lucca.
Mariangela Sicilia, è protagonista di due recite importanti all’Arena.
“Sono felice, per me l’Arena di Verona significa ’Turandot’, con la regia di Franco Zeffirelli. L’avevo sempre vista da spettatrice, averne fatto parte quest’anno, nel centesimo anniversario della scomparsa di Puccini, è un onore, l’averlo condiviso con milioni di telespettatori è stato emozionante”.
E adesso sarà Micaela.
“Il ruolo con cui ho debuttato all’Arena, la regia di ’Carmen’ è sempre di Zeffirelli, un meccanismo perfetto, è un’opera che conosco bene; inoltre ritrovo il Maestro Oren con cui lavoro sempre con piacere, anche lui, per me, rappresenta il suono, la musica dell’Arena e insieme concludiamo il festival veronese”.
Cosa significa cantare all’Arena?
“È speciale, non è paragonabile a nessun altro luogo in cui si fa lirica. Le scenografie sono mastodontiche, ti muovi circondata da centinaia, centinaia di persone, coro, comparse, ballerini, mi sento come un minuscolo insetto fra i giganti. Mentre canto guardo il cielo non accade altrove. Non dimenstellato, ticherò mai la mia prima volta areniana, l’adrenalina, la gioia che trasmette il pubblico; alla fine della rappresentazione desideravo solo ricominciare”.
Il 29 novembre tornerà alla Scala per una serata dedicata a Puccini, diretta dal Maestro Riccardo Chailly. Cosa crede di aver ricevuto dal compositore di Lucca?
“Tanti regali di ogni tipo, direi. Ricordo che fin dalla mia prima lezione al Conservatorio di Cosenza, dopo aver ascoltato i miei vocalizzi, l’insegnante riconobbe in me una voce pucciniana dicendo: “ Canterai Mimi”. Avevo quindici anni, troppo piccola per aspirare a tanto, non ci ho creduto ma è stata una profezia. Ho studiato a fondo “la Bohème”, l’ho debuttata prima nel ruolo di Musetta, poi in quello di Mimi; per quest’interpretazione, nel 2018, ho ricevuto il Premio Abbiati, la regia era di Graham Vick. A novembre canterò il Requiem tratto dalla sua opera “Edgar”, lo stesso brano che Toscanini fece eseguire alla Scala per la morte del compositore”.
Sempre Puccini l’ha portata a debuttare alla Scala. Vuole ricordarlo?
“Con ’La rondine’, un’opera che non si esegue spesso ma è di straordinaria bellezza. Ho affinità di carattere con Magda, la protagonista. È una donna libera, coraggiosa, nessuno può metterla in gabbia, vuole scegliere la sua strada anche se non sa dove la porterà. Puccini mi fa sentire a mio agio come quando ritrovi un amico che sa tutto di te e tu di lui, il nostro legame è forte, indissolubile”.
Puccini ha consacrato alla musica figure femminili. Con quali si ritrova maggiormente?
“Sono tutte donne che mettono l’amore, i sentimenti, le relazioni, l’amicizia al primo posto, valori che condivido, quando le interpreto sento il cuore della mia Calabria, siamo donne passionali. La scrittura di Puccini è incentrata sull’amore, non solo per un altro uomo, ma per la vita, l’amore per sé stessi. Magda vive ogni suo momento a piene mani ma è insoddisfatta, sa che c’è anche un altro mondo oltre quello che incontra tutti i giorni e desidera scoprirlo. Non è convenzionale, a Ruggero, il suo innamorato, canta ’Tu vuoi una donna che non sono io’”.
Cosa conserva di questo periodo scaligero milanese?
“Milano mi piace sempre, è una città in cui vivo benissimo, mi sento a casa. L’esperienza alla Scala, ’La rondine’ mi hanno fatto crescere professionalmente e umanamente grazie anche ai colleghi, al direttore Chailly, all’ambiente scaligero che mi ha rassicurata. La sera della prima siamo entrati in palcoscenico con energia e un sentimento di solidarietà, uniti come una squadra di pallavolo”.