ANNA MANGIAROTTI
Cultura e Spettacoli

Storia del Requiem per il Manzoni: Verdi genio ma ateo, il prete garibaldino, e lo scandalo delle coriste

Nella chiesa di San Marco il 23 maggio risuonerà l’opera che il 22 maggio 1874 celebrò l’anniversario della morte di Don Lisander. I retroscena nel pamphlet di Matteo Marni

Alessandro Manzoni (Milano, 7 marzo 1785-22 maggio 1873) e Giuseppe Verdi (Roncole, 10 ottobre 1813-Milano 27 gennaio 1901)

Alessandro Manzoni (Milano, 7 marzo 1785-22 maggio 1873) e Giuseppe Verdi (Roncole, 10 ottobre 1813-Milano 27 gennaio 1901)

Milano – In onore di Alessandro Manzoni, il grande Italiano scomparso il 22 maggio 1873, Giuseppe Verdi volle mettere in musica una Messa da Requiem. Donata al sindaco di Milano. Eseguita "in anniversario": il 22 maggio 1874 nella chiesa di San Marco. Qui torneranno a interpretarla solisti, Orchestra e Coro della Scala, direttore Riccardo Chailly, a chiusura del centocinquantenario manzoniano, ritardando di un giorno l’appuntamento con la storia: si terrà il 23 maggio, alle ore 20.30.

Più che le cause del posticipo, comunque sold out, è interessante scoprire quante polemiche e ostacoli dovette superare il compositore per arrivare puntuale a dirigere lui stesso la prima. Li svela Matteo Marni in un ricercatissimo pamphlet: "La vera storia del Requiem di Verdi" (Giampiero Casagrande editore). Trama fitta di protagonisti, e protagonismi, nell’ottocentesca metropoli e arcidiocesi ambrosiana. Introduzione del prete musicista Luigi Garbini, che prolunga nella modernità la tradizione di San Marco, importante centro spirituale e intellettuale. Bela ges , dicevano in vernacolo i coetanei di don Lisander.

Addobbata, nella lontana occasione, di velluti neri e ghirlande verdi, molte candele a rischiarare la plumbea mattina di maggio. Quando "molto elegante, la cravatta bianca annodata alla perfezione, il Maestro Verdi, con esattezza da principe dell’arte, alle undici precise prende in mano la bacchetta" è "più del solito ilare, sereno, aitante nella persona".

Nel citare i cronisti della Messa, Marni è tanto scrupoloso nel restituire la verità storica estratta dai faldoni del “segreto“ archivio parrocchiale: "Il 22 maggio 1874 – dimostra il ricercatore – a tutti gli effetti fu officiata una celebrazione liturgica. Una messa. Non spettacolo. Artistico primo compromesso storico nell’Italia dove, come sempre, rivoluzioni, moti e stravolgimenti non sono riusciti a separare religione e politica nelle patrie vicende. Capolavoro di diplomazia, l’esecuzione del Requiem, in un momento di tesissimi rapporti tra Stato laico postunitario sotto l’egida dei Savoia e Chiesa guidata da un papa prigioniero in Vaticano".

Tra clericali e mangiapreti, conciliatore infaticabile il mite, fermo Luigi Nazari di Calabiana arcivescovo di Milano. Il quale poteva rilasciare solo "assicurazione dalla sua bocca" al prevosto don Michele Mongeri, che però tutto registrò in un diario, dopo essere andato a chiedergli un permesso. Cos’era impensabile nel sacro recinto del Duomo, ma non in quello più liberale di San Marco? Introdurre Verdi, genio, ma un po’ ateo. Deciso oltretutto a pretendere la presenza della Stolz, soprano, e della Waldmann, mezzosoprano, e di un coro promiscuo partecipato straordinariamente da donne. Che sconvenienza farle esibire! Invisibili dovevano rimanere in chiesa, come sirene celestiali. Mongeri se la cava, con le cautele necessarie affinché "le coriste siano umilmente esposte". Rinuncia a mettere tutti dietro l’altare, e accontenta il Maestro. Il quale chiede di erigere sotto la cupola due gradinate, collaborando, lui, a rendere compatibili il testo romano con la messa in rito ambrosiano.

"Tacito assenso", soprattutto, è dato dall’arcivescovo a far officiare la celebrazione dal rivoluzionario monsignor Giuseppe Maria Calvi, partigiano di Garibaldi, soprannominato "prete cantante" per aver eroicamente intonato in Duomo il Te Deum per la Festa dello Statuto nel 1862. Grandioso il successo del Requiem. Grandiosa, trasversale agli orientamenti ideologici, la manifestazione popolare di riconoscenza agli illustri padri Verdi e Manzoni, che mettono ecumenicamente tutti d’accordo: "La musica offerta in chiesa – conclude Marni – a differenza dei teatri e delle residenze gentilizie, raggiunge un pubblico potenzialmente sterminato. E non era solo decoro del rito, ma anche gesto di carità".

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