
Scena agreste in “Costumi livornesi” di Giovanni Fattori
Milano, 15 novembre 2015 - A Pavia, i Macchiaioli si celebrano nel solenne Castello Visconteo. A Milano, nella dimensione più intima della Casa Museo Poldi Pezzoli. Arte da tinello, malignamente per un po’ i critici hanno liquidato il linguaggio di questi pittori nell’800 attratti non dalla retorica dell’eroismo e del romanticismo, ma dagli umili spazi agresti e dalla schietta quotidianità. Ma, tanto più oggi, chi non vorrebbe portarsi a casa un po’ di natura e di vita reale in quadri pregevoli, o almeno andare a cercarli in una mostra? Ecco “L’incanto dei Macchiaioli nella collezione di Giacomo e Ida Jucker” (fino al 29 febbraio 2016). Riallineati da Nour Abi Saad (neolaureata in Interior Design al Politecnico, vincitrice del concorso appositamente istituito sotto l’egida del professor Beppe Finessi), in modo da ricreare idealmente l’abitazione degli Jucker diventata a un certo punto galleria.
Le oltre cinquanta opere ripresentate al Poldi Pezzoli, dopo una ricerca non facile a causa della frammentata dispersione, i milanesi potevano infatti già ammirarle dal 1968 al 1974, la domenica pomeriggio, in via Mauro Macchi, al terzo piano del palazzo costruito negli anni Venti dall’imprenditore mecenate, e generosamente aperto dagli eredi.
Una sincera passione, quella di Jucker, specie per Fattori e Lega, i maestri della scuola pittorica che il critico milanese Enrico Somarè riabilitava, dimostrandone il valore e l’originalità: movimento storico del Risorgimento, per niente provinciale o regionale, anzi espressivo di un’unificante esigenza di realtà. Quasi tutti morti nell’indigenza, i Macchiaioli raggiungevano nel secondo dopoguerra quotazioni sbalorditive, in un mercato che il gusto e il fiuto del ricco collezionista lombardo certamente influenzarono. Come ben spiega Fernando Mazzocca nel prezioso catalogo (Silvana Editoriale), accennando anche a una probabile visita di Luchino Visconti nel tinello, pardon salotto, Jucker, a prendere ispirazione da “Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta” di Giovanni Fattori, ricalcato cinematograficamente nel film “Senso”.
Ai visitatori di oggi, introdotti dal quadro icona dell’esposizione, “Curiosità” di Silvestro Lega, 1869, con una giovane donna che sbircia attraverso le persiane socchiuse, si apre un percorso per lo più toscano tra stradine al sole, tramonti sull’Arno, un lungomare, vari giardini, fino a una via di Edimburgo di Telemaco Signorini. Ma non manca la Parigi diventata patria d’adozione del barlettano Giuseppe De Nittis, autore di “Che freddo!”, 1874. Davanti all’incisione che ne era stata tratta, tenuta vicino alla propria stanza, persino il grande impressionista Degas rimaneva fermo, a lungo, ogni giorno, a ricordare «il tempo in cui il mio povero amico vi lavorava... e tutta la nostra allegria».