ELVIRA CARELLA
Cultura e Spettacoli

Le confessioni di Aldo Montano, dalla sciabola alla tv: “Mi sono trovato forzatamente schermidore, a 13 anni preferivo il calcio. L’ossessione batte il talento”

I trionfi nella scherma, quelle parole del presidente Ciampi e la nuova vita nello spettacolo. “Da piccolo aspiravo a superare il nonno ed il babbo, sognavo le Olimpiadi, senza sicurezza di potervi partecipare”. Rimpianti? “Ho fatto tanti errori, per cui ho pagato, mettendoci la faccia. Se non li avessi commessi, non sarei ripartito da zero". Il messaggio ai giovani: “Godetevela e sognate in grande. La mia Milano è da medaglia d’oro del divertimento”

Aldo Montano

Aldo Montano

Milano – La sciabola è stata la sua arma vincente. L’ex schermidore, Aldo Montano, grande atleta delle Fiamme Azzurre, campione individuale ai Giochi olimpici di Atene, nel 2004, ci indica alcune regole, per conseguire la vittoria nella sua disciplina.

Aldo, com’era da piccolo?

“Non stavo mai fermo, ma ero rispettoso dei ruoli, delle istituzioni. Mi sono trovato forzatamente schermidore. Intorno ai 13 anni volevo praticare il calcio ed ebbi la ribellione di voler provare qualcosa di diverso contro tutto e tutti. Ma tornai sui miei passi per i risultati ottenuti nella scherma”.

Un sogno nel cassetto?

“Nel film Hustle, Adam Sandler dice: ‘L’ossessione batte il talento’. Se si è ossessionati dal raggiungere obiettivi, si va oltre il talento per qualcosa di più grande. Mi è capitato. Da piccolo aspiravo a superare il nonno ed il babbo, sognavo le Olimpiadi, senza sicurezza di potervi partecipare”.

Un momento emozionante della carriera?

“Il 14 agosto 2004 successe qualcosa di magico: l’allineamento impossibile di astri, per cui tutto tornò bene. Alle Olimpiadi erano presenti la mia famiglia, gli amici di Livorno, persino il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, livornese anche lui. A metà gara mi fece chiamare, per dirmi: ‘Aldo, mi raccomando, portiamo Livorno in alto. Bisogna vincere oggi!’”.

Quindi?

“Alle 21 raggiunsi l’obiettivo con una rimonta, dopo una gara complicata, grazie alla fortuna e al sangue freddo. Tutto andò contro le regole: ci fu l’invasione di campo ed uno dei miei amici con la bandiera dell’Italia, che serviva per la premiazione, corse dappertutto e non la restituiva più. Qualcosa di esilarante”.

Rimpianti?

“Ho fatto tanti errori, per cui ho pagato, mettendoci la faccia. Se non li avessi commessi, non sarei ripartito da zero e sarebbe stata la storia di qualcun altro, interpretata diversamente”.

Le caratteristiche per vincere?

“La freddezza e il distacco, che non sono lo specchio del carattere. Quando si è sulla pedana, si cala la maschera, si guarda l’avversario negli occhi e ci si deve trasformare. Se ciò accade, si può vincere”.

Cosa direbbe ad un giovane, che vuole intraprendere la sua professione?

“Impegnarsi, ma divertendosi. Oggi, però, molti giovani si fanno schematizzare troppo da cliché di preparazione. Invece, devono godersela e sognare in grande, ad occhi aperti e chiusi: non costa nulla. Lo sport è un gioco, fa bene al corpo ed alla mente, e dà un insegnamento in più. Con tale spirito, la vittoria è conseguita”.

Ha lavorato anche in tv. Ma chi è Aldo Montano?

“Un camaleonte. Nei giorni prima delle Olimpiadi ero un ragazzotto di provincia, col basettone lungo. Ero al Pireo ad abbronzarmi e a bere anche un mojito. La mia immagine trasmise simpatia, leggerezza ed il mondo tv decise di attingere personaggi da altri sport diversi dal calcio. Grazie alla Federazione ed agli allenatori riuscii a pilotare gli impegni in egual misura. Mi sono sempre reputato un grande professionista dello sport, fino alla fine, anche in presenza di problemi fisici”.

Milano è il podio…

“Del divertimento. È una medaglia d’oro. Con gli amici vi ho trascorso weekend divertenti. Inoltre, è innovativa, l’unica città italiana attiva e al passo con le capitali mondiali. Cambia sempre faccia e si veste di internazionalità”.

Il connubio tra vecchio e nuovo?

“È bellissimo. A Milano sanno come valorizzare questo tipo di situazione: non distruggere e rifare, non solo conservare, ma rinnovare e far convivere epoche, storia, futuro, tecnologia, avanzamento”.

Di che colore è?

“Rosa, un colore positivo, allegro, legato alla femminilità. E voglio immaginarla come una bella ed elegante donna vestita di rosa”.