I "maledetti francesi" che ispirarono De Andrè: al Parenti il meglio degli chansonnier

Giangilberto Monti e Vito Vita al Franco Parenti raccontano gli anni di Juliette Gréco e Serge Gainsbourg, Trenet e Polnareff, Piaf, Aznavour, Dalida e Yves Montand

Giangilberto Monti

Giangilberto Monti

Milano - Georges Brassens diceva che la cosa più difficile nella vita è essere sé stessi. E avere carattere a sufficienza per restarlo. Inutile sottolineare, quindi, che la galleria di grandissimi della "chanson" in cui Giangilberto Monti e Vito Vita si aggirano venerdì prossimo alla Sala Cafè Rouge del Teatro Franco Parenti pullula di temperamenti forti, che per trent’anni hanno segnato il corso della canzone d’autore, proprio come quello del poeta di Sète. L’opportunità è data dalla presentazione del volume "Gli anni d’oro della canzone francese 1940-1970", scritto dal cantautore milanese e da Vita incrociando storia e arte di Juliette Gréco e Serge Gainsbourg, Charles Trenet e Michel Polnareff, Édith Piaf o Charles Aznavour. I due autori ne parleranno alle 18.30 col giornalista Paolo Pasi in quello che lo stesso Monti definisce un "incontro con canzoni".

Questo libro è un altro tassello della sua ricerca sulla musica d’oltralpe.

"Tutte i miei dischi e i miei spettacoli del passato li avevo focalizzati sugli ‘chansonnier’ storici, quelli duri e puri che ho chiamato ‘i maledetti francesi’, anche se poi non è tanto così perché, a parte la trimurti Brel, Brassens, Ferrè, mi sono occupato pure di figure particolarmente care quali Boris Vian e Serge Gainsbourg. Ad un certo punto, però, ho capito che mi mancava quel segmento che tra il Dopoguerra e i primi anni Settanta ha avuto più successo in Italia, quello delle Dalida, dei Claude François, dei Françoise Hardy, molto promossi da noi pure a livello discografico".

Un movimento con ricadute sulla nostra canzone.

"Un incrocio fra musica poesia, cinema, moda, che ha trovato una schiera di proseliti che va da De André a Paoli, a Bindi e a tanti altri. Poi negli anni Settanta l’affermazione della musica angloamericana ha spazzato via tutto".

Questo suo progetto ha un risvolto pure discografico.

"Il volume è stato pubblicato in autunno sia in Italia che in Francia, ma Oltralpe ha venduto dieci volte di più che da noi. Così ho deciso di abbinarci ‘Françalien’, un disco dal vivo realizzato lo scorso anno col supporto di un mondo swing milanese. Questo grazie ad un Q code sull’ultima pagina che consente di scaricare il disco".

Pochi giorni fa ha pubblicato il video di una traccia dell’album.

"Sì, quello di ‘Chacun de Vous est Concerné’, brano del 1968 scritto e interpretato dalla cantautrice Dominique Grange da cui Fabrizio De André trasse poi la sua ‘La canzone del Maggio’. L’ho fatto come omaggio a Faber, ma anche come assaggio dell’album, che ora penso di pubblicare anche in versione fisica".

Qual è stato il più francese dei cantautori italiani e il più italiano dei francesi?

"De André, che all’inizio ha assimilato da Brassens tutto quello che poteva assimilare e poi ha fatto altro, e Ivo Livi, meglio conosciuto come Yves Montand, senza dimenticare le radici italiche di tanti altri, a cominciare da Dalida e Claude François originari entrambi di Serrastretta".

Quindi "My way" l’ha scritta un oriundo.

"Beh, quel brano è la versione inglese (con testo di Paul Anka) di ‘Comme d’habitude’ di François, ancora oggi la canzone francese più ascoltata al mondo".

 

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