
Buddy Guy
MIlano, 10 dicembre 2015 - “Born To Play Guitar”, un killer nato. A quasi 80 anni, Buddy Guy ci regala uno degli album più belli dell’anno. Autobiografico, potente, illuminante. «Sono nato per suonare la chitarra, gente, sento il blues correre nelle mie vene». Il pilota di Clapton, maestro del blues elettrico di Chicago ma “born in Louisiana”. Il delta che fa la differenza. Come questo lavoro che arriva al rock nero partendo dalle radici sudiste e metropolitane, con lampi hendrixiani perché Jimi, come gli Stones, era un suo fan e qui si capisce il percome e il perché. Leggenda da Grammy, Guy licenzia il manifesto definitivo del suo genio nell’album in studio numero 28 (pochi e giusti), condividendo la mission con Van Morrison in “Flesh & Bone”, i memoria di B.B.King, altro idolo dei bluesmen bianchi.
Poi rende omaggio a Muddy Waters in “Come Back Muddy”. Nulla è più alcolico, clubbing e blue. Joss Stone gioca alla Dinah Washington nel duetto country blues di “(Baby)You Got What It Takes”. Il Barba dei ZZtop Billy Gibbons rivela la scuola chitarristica in “Wear You Out”. L’armonica di Kim Wilson, il frontman dei The Fabulous Thunderbirds, completa l’arco generazionale di chi è stato ispirato da Buddy e dalle sue chitarre, che le note dell’album Rca puntigliosamente descrivono per la gioia di musicisti e fan. Le Fender Stratocaster Custom e Telecaster, le acustiche Martin, le Gibson vintage SG e la Les Paul (1960).