ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Arturo Brachetti al Nazionale: con Cabaret il debutto da cantante a 64 anni

L’artista porta in scena il musical di Joe Masteroff con le fortunatissime musiche di John Kander. Nel cast anche Diana Del Bufalo. Il protagonista: “Terrorizzato dall’idea, ora ho capito di avere un asso nella manica”

Un'immagine di "Cabaret, the musical"

Un'immagine di "Cabaret, the musical"

Milano, 11 novembre 2023 – “Willkommen! And bienvenue! Welcome!…”. Il Brachetti che non ti aspetti sta sul palco di “Cabaret”, nuova produzione del musical di Joe Masteroff con le fortunatissime musiche di John Kander in scena dal 15 novembre al 10 dicembre al Nazionale, curata personalmente dal Fregoli torinese e da Luciano Cannito (responsabile pure delle coreografie) avvalendosi delle scene di Rinaldo Rinaldi, dei sorprendenti costumi di Maria Filippi e della direzione musicale di Giovanni Maria Lori.

Un tuffo fra le paillettes della Berlino weimariana incubatrice del nazismo sbirciati con l’occhio bistrato del Kit Kat Club e del suo gran cerimoniere, maschera ambigua, sinistra, irriverente, indossata dallo stesso Arturo per trasformarsi nel burattinaio delle storie di due coppie di innamorati - lo scrittore Clifford (Cristian Catto) e la soubrette Sally (Diana Del Bufalo), ma anche la loro attempata affittuaria (Christine Grimandi) e il fruttivendolo ebreo (Fabio Bussotti) - ignare del tremendo destino che le attende.

Arturo Brachetti
Arturo Brachetti

Arturo, Saverio Marconi le propose il ruolo del maestro di cerimonie già trent’anni fa, nella prima delle sue tre produzioni di “Cabaret”. Ma lei rispose di no.

"Ero terrorizzato dal cantare in pubblico. Tant’è che lo faccio per la prima volta. A 64 anni. La cosa mi elettrizza, seppur con una punta di rammarico per aver capito solo ora di avere un asso nella manica mai giocato. Comunque in ‘Cabaret’...era scritto il mio destino".

Perché?

"Oltre ad aver visto il film nel ’72 come tutti, nel ’79-’80 mi è capitato di condividere per due settimane il camerino del Paradis Latin con Joel Grey, il maestro di cerimonie-Premio Oscar del film, che lavorava lì ad una trasmissione televisiva e che omaggiavo ogni sera in scena cantando proprio ‘Willkommen…’ nel finale del mio numero. Poi ho incontrato il regista del film Bob Fosse quando nell’83, a Londra, venne a complimentarsi per lo spettacolo ‘Y’ nei camerini del Piccadilly Theater".

Uno spettacolo in bilico tra brio e tragedia.

"Concepito come un ‘rollercoaster’ emotivo, che inizia con me nudo, perduto in un’orgia da cui mi riprendo infilandomi il frac in 2 secondi, e finisce con Berlino che brucia mentre io, nuovamente nudo, di spalle, muoio tra le macerie. Un musical che passa da momenti di gioia sfrenata ad altri fortemente drammatici. Tutto con un montaggio veloce, alla Netflix, e senza tabù. Proprio come la Berlino colorata e frenetica di quei tempi lì".

S’è rifatto ad Harold Prince e Ron Field, rispettivamente regista e coreografo della prima versione teatrale?

"No. Nello spettacolo c’è solo qualche citazione di Fosse. Per il resto è tutta roba nostra. Il cast è straordinario. Diana De Bufalo, ad esempio, canta da dio e fa la svampita proprio come la Sally Bowles descritta da Christopher Isherwood nel romanzo da cui sono stati tratti nel ’67 il musical e nel ’72 il film".

C’è una certa fatica nella prevendita.

"La gente esce un po’ di meno. Dopo l’euforia del ritorno a teatro dell’anno scorso, l’aumento delle bollette sul capo delle famiglie italiane e del mondo dello spettacolo ha finito col comprimere i consumi".