We Are Social, molestie e commenti sessisti nella pubblicità: “Una chat di 80 uomini coi voti ai sederi delle colleghe”

Bufera partita da Facebook sull’agenzia di comunicazione milanese dopo l’intervista a Massimo Guastini, decano dei creativi. La replica della società: “Impegnati da sempre contro qualsiasi forma di discriminazione”

Una delle denunce apparse su Instagram

Una delle denunce apparse su Instagram

Milano – Commenti sessisti, apprezzamenti pesanti e vere e proprie molestie. È bufera sul mondo della pubblicità e sulla sede milanese di delle più importanti agenzie di comunicazione italiane, We Are Social, un colosso da oltre 1.200 dipendenti e uffici in tutto il mondo, finita al centro delle polemiche dopo le aperte denunce arrivate in questi giorni attraverso i social.

L’intervista

Di molestie nel mondo della pubblicità si parla da tempo ma lo “shit storm” sulla società milanese è iniziato con un’intervista pubblicata sulla pagina Facebook di Monica Rossi (pseudonimo) a uno dei decani dei creativi italiani Massimo Guastini, ex presidente pubblicitario Art Directors Club e artefice di molte campagne di successo, tra cui quelle di eBay, Jaguar, PayPal, EasyJet, Siemens.

La chat dello scandalo

Per spiegare quanto il problema del sessismo sia radicato nel mondo della pubblicità Guastini racconta una squallida chat interna di una famosa agenzia, che lui non cita per nome ma che poi si scopre essere appunto We Are Social: “Potrei parlarti di una famosa chat – spiega Guastini – in cui diversi uomini catalogavano e davano i voti chi al culo, chi alle tette, chi alle gambe di queste giovani stagiste che potevano essere le loro figlie. Agenzia di pubblicità molto famosa, molto potente, molto importante. […] Comprende almeno 80 uomini. Quasi tutti quelli che lavorano nell’agenzia, dagli stagisti ai capi reparti. Decine e decine di messaggi ogni giorno. Un solo argomento: quanto sono scopabili, fighe, ribaltabili o cesse le colleghe. Una chat che si svolge in ambiente di lavoro, durante l’orario di ufficio, con una sfilza infinita di messaggi espliciti, degradanti e umilianti. Si va da un capo Team che parlando di una sua sottoposta (con il suo nome e cognome) scrive: “glielo infilerei così tanto nel c... da farle uscire le p... dalla gola” a un nuovo arrivato nel Team, nemmeno da due settimane, che parla così di una collega: “è talmente cessa e grassa che le infilerei un sacchetto in testa e me la sc... comunque, di prepotenza.” Il tutto in una chat, vale la pena ricordarlo, lavorativa in cui i membri più attivi sono i capi dei vari Team di lavoro. Arrivano a scoprire anche l’esistenza di foglio Excel che non contiene numeri e voti ma i nomi delle proprietarie dei più bei culi femminili in azienda”.

L'ex dipendente

Le parole di Guastini, naturalmente, scatenano una bufera, così la stessa Monica Rossi, sempre sulla sua pagina Facebook, rintraccia e intervista un ex dipendente di We Are Social, Mario Leopoldo Scrima, che spiega nel dettaglio il clima all’interno dell'agenzia e i dettagli della “Chat degli 80”: “Era un ambiente molto machista, – racconta – oserei dire liceale con molti comportamenti da bulletto e da cricca”. E sulla chat spiega: “Era una chat in cui c'erano solo i maschi di quella agenzia. Dai direttori ai nuovi arrivati [...]. Ed era una chat in cui ci scambiavamo un impressionante numero di messaggi in orario e sul posto di lavoro. [...] Era naturale che tutti i maschi vi partecipassero. Solo che l'argomento era monotematico: il sesso e i corpi delle nostre colleghe”. 

La sentinella

"Se saliva una collega ‘fregna’ al primo piano – prosegue l’ex dipendente – tutti lo sapevano in anticipo. Lo sapevamo perché  c'era la sentinella di turno che avvisava letteralmente del passaggio indicandone l'outfit condito di commenti sessisti. Venivano usati acronimi per indicare le colleghe e ne ricordo diversi. [...] Nelle giornate di "stanca" invece c'era sempre qualcuno (di solito sempre gli stessi) che lanciava lo scontro diretto con tanto di voti e sondaggio tra collega 1 vs collega 2. Vinceva la più scopabile. O la più porca”.

Commenti in tempo reale

“Ma c’è di più. – racconta ancora il professionista – Durante le riunioni, le colleghe non sapevano che prima o addirittura durante noi intanto chattavamo in tempo reale commentando la loro voce odiosa, il loro culo grosso, le loro tettine acerbe o cose così. E quando i meeting finivano, non sanno che molto spesso i maschi rimanevano qualche minuto in più per "approfondire" i discorsi iniziati in quella famosa chat”.

La denuncia social

Alle parole di Guastini, che hanno ricevuto centinaia di commenti sui social, si sono poi aggiunte altre denunce, tra e quali anche quelle di Tania, una copywriter milanese, che sulla sua pagina Instagram (taniume) denuncia apertamente di aver subito pesanti insulti sessisti. “Cosa stiamo aspettando? – si chiede la professionista –  La prossima mano al collo? La prossima chat in cui valutare chi è la più scopabile dell’agenzia? La prossima mano sul culo o tra le gambe? La prossima molestia che ‘è solo una battuta’”. 

La risposta di We Are Social

L’agenzia al centro della bufera ha diffuso un comunicato in cui spiega: “In relazione alle notizie apparse a mezzo stampa - relative a fatti risalenti al periodo compreso tra il 2016-2017 - We Are Social condanna, da sempre, qualsiasi forma di discriminazione e atteggiamenti inappropriati.  We Are Social è da sempre impegnata nel creare un ambiente di lavoro sano e inclusivo. La società, nel corso degli anni, ha messo in atto numerose iniziative con partner qualificati affinché il benessere e la tutela delle persone siano al primo posto”.

La reazione

Tra i primi commenti alla vicenda quello di Ferpi, Federazione delle Relazioni Pubbliche Italiana, che "legge con sgomento le notizie relative a comportamenti sessisti, discriminatori nei confronti delle donne, e a violenze e abusi di natura sessuale, all'interno dell’industry della comunicazione. Ferpi ribadisce ancora una volta che è giunta l’ora di voltare pagina una volta per tutte e mettere al bando qualsiasi tipo di comportamento sessista e discriminatorio a partire dal nostro mondo professionale. È giunta l'ora di ispirare e farsi portavoce, come Federazione, di un nuovo paradigma finalmente pensato da donne e uomini, insieme".