Vivaio: il trasloco slitta a gennaio

Ricorso depositato dalle famiglie. Arriva l’annuncio del rinvio, una nuova chiamata col ministro Bianchi

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MILANO

di Simona Ballatore

e Nicola Palma

Il trasloco della media Vivaio slitta a gennaio 2023. L’annuncio rimbalza via mail e nelle chat dei genitori dopo l’ennesima settimana di missive e incontri - terminati sempre con un muro contro muro - e dopo il ricorso depositato al Tribunale di Milano, con istanza cautelare annessa per chiedere lo stop ai lavori e al trasloco in via D’Annunzio, almeno fino alla decisione del giudice. Lunedì scorso l’ultimo faccia a faccia tra i rappresentanti della scuola e del Comune, con la vicesindaco Anna Scavuzzo e la direttrice dell’ufficio scolastico regionale Augusta Celada. Confronto preceduto anche da un nuovo contatto tra la scuola e il ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi, che sta seguendo la partita. Durante il summit non ci si è mossi dalle proprie posizioni: comunità Vivaio contraria al trasloco in un edificio "inadeguato", Comune determinato a portare a termine il trasferimento e a dimostrare l’adeguatezza della sede individuata, a maggior ragione dopo i lavori previsti. Solo un timido cenno alla possibilità di un breve rinvio per "venire incontro alle esigenze della scuola". E, verosimilmente, anche per portare a termine i cantieri in via D’Annunzio, che sono stati avviati sulla carta ma non sono entrati nel vivo.

Il trasferimento in corso d’anno - confermato in una comunicazione nel fine settimana - è stato visto dai genitori di via Vivaio come un primo spiraglio, anche se non risolverebbe il problema. Nel frattempo prende il via la battaglia legale: gli avvocati Barbara Legnani e Gaetano De Luca, dopo diffide e un acceso scambio di mail con Palazzo Marino, hanno depositato il ricorso "per discriminazione" in Tribunale - a nome di 12 famiglie di alunni disabili - e hanno chiesto un provvedimento cautelare d’urgenza per sospendere il trasferimento. Si attende a giorni la data dell’udienza cautelare. "La decisione di trasferire la sede scolastica in un edificio inidoneo ad accogliere il progetto didattico - si legge nel ricorso, lungo 42 pagine con le storie dei ragazzi, i dettagli delle due sedi e dell’offerta educativa -, pone i bambini con bisogni speciali in posizione di maggior svantaggio rispetto ai compagni non disabili: la struttura inaccessibile, priva di quegli spazi funzionali alla didattica speciale dell’Istituto, toglierà proprio a loro l’accesso ai percorsi formativi, inclusivi e sicuri, loro necessari". Ostacolando anche "la loro autonomia e autostima".

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