di Marianna Vazzana
"Buongiorno, lavoro nel reparto medicina d’urgenza di un ospedale milanese, oggi purtroppo nuovamente trasformato in terapia Covid-subintensiva. Le chiedo, senza nessun obbligo, se fosse ancora disponibile a fornire visiere. Noi infermieri e oss abbiamo acquistato visiere on line ma già diverse si sono rotte o rovinate. Grazie infinite". Nicolas North, del laboratorio Tillverka di stampa 3D di via Ampère 122, da tre settimane riceve richieste di aiuto da parte di operatori sanitari che si trovano senza visiere protettive. "E noi gliele forniamo gratuitamente", spiega North, ventisettenne, che insieme al socio Cristopher Costa, ad altri laboratori con cui ha creato una rete e a famiglie milanesi disponibili a stampare in casa o ad assemblare i vari pezzi, ogni giorno rinnova questa catena della solidarietà.
"Dal primo lockdown a oggi ne abbiamo distribuite 1.700, oltre a un migliaio di fascette per mascherine, che evitano la pressione degli elastici sulle orecchie. Abbiamo anche stampato valvole per i respiratori e siamo riusciti a consegnare tutto gratuitamente agli ospedali grazie a sponsor e a donazioni". In primavera, la stampa 3D per contribuire alla lotta al Covid era incessante: "Abbiamo servito ospedali come Niguarda, Istituto clinico Città Studi, Buzzi, San Giuseppe, i nosocomi di Desio e Seregno e diverse associazioni di soccorso". Le domande si sono azzerate in estate. Ma ora, con l’aumento dei contagi e il nuovo lockdown, le mail da parte del personale sanitario che chiede aiuto sono di nuovo realtà. "Al momento stiamo fornendo le visiere che avevamo nel magazzino e abbiamo iniziato a produrne altre. Per ora le richieste ci sono arrivate da una sola struttura, quindi vorremmo capire quanti ospedali ne hanno bisogno e a quel punto attivarci per le donazioni". Il ventisettenne chiarisce che "il nostro prodotto non ha la certificazione come dispositivo medico ma si è dimostrato efficace: la parte rigida, la scocca, si apre a scatto, quindi consente di tirare su la visiera senza sfilare il dispositivo. Abbiamo preso spunto da un modello realizzato a Madrid e lo abbiamo pubblicato sul nostro sito spike.tillverka.xyz, in modo che chiunque possa produrre questi oggetti". Il "foglio" applicato "è in materiale pet, in plastica, e viene sagomato". Mentre la scocca è realizzata in 3D: per crearne una, la stampante lavora quasi due ore. Vengono creati anche i perni. Poi tutto si assembla, aggiungendo una spugnetta in corrispondenza della fronte e l’elastico. "A darci una mano ci sono una decina di famiglie del quartiere Ortica, quattro del Casoretto e altri volontari".
North aggiunge che "della rete fanno parte i laboratori Moi composites, Fablab e Italymaker, con la collaborazione del +Lab Politecnico della professoressa Marinella Levi". La produzione di visiere è la particolarità in tempo di pandemia, "ma noi stampiamo di tutto, in via Ampère, da marzo del 2019: la gente chiede di riprodurre tappi di lavandini, pezzi di ricambio di elettrodomestici ‘introvabili’, vasi... Con il nostro lavoro vogliamo rendere sempre più accessibile la stampa 3D: deve diventare naturale servirsene, come per le fotocopie. Siamo sulla buona strada".