Vado a trovare un amico scrittore, Ambrogio Borsani, del quale è da poco uscito un libro molto particolare, una narrazione aperta su un luogo del Peloponneso: “Vagabondi nel Mani“ (Neri Pozza). Prendo corso di Porta Romana e sono in via Orti, dove abbiamo appuntamento. Ci salutiamo e facciamo due chiacchiere sul suo libro, in cui incrocia il proprio viaggio con quelli di altri scrittori che avevano esplorato il Mani, parlandone in loro opere, come, tra gli altri, Bruce Chatwin e Patrick Leigh Fermor.
Gli chiedo di illustrarmi via Orti, dove vive, chiamata così nel 1865, perché ricca di orti che rifornivano il Verziere. "Qui si è mantenuto lo spirito popolare, ci si conosce tutti. Degli anni Cinquanta è rimasta La Bettola di Piero, con il meglio della cucina lombarda. Attorno è un continuo fiorire di ristoranti: l’arabo, l’indiano, due napoletani, un siciliano, un pugliese, un toscano, El Pecà, specializzato in pesce, Gli Orti del Belvedere, la pizzeria il Faraone, infine un ristorante Futurista, con riproduzioni murali di Depero e manifesti di Marinetti".
Ma Borsani non può certo trascurare quanto di questa via riguarda i libri. "Nel 1931, al 12, venne ad abitare Giorgio Scerbanenco, che la racconta così: ‘Via Orti è una povera via di Milano... Gente umile e povera vive in quelle case. Qualcuno non è poi tanto povero, altri non sono poi tanto onesti’". Ed eccoci al 19, alla libreria Punto Einaudi, "nel cui cortile - continua Borsani - avevano iniziato la loro avventura milanese Arnaldo e Giò Pomodoro. Qui nascevano le loro prime sculture. E troviamo anche un ‘bookcrossing’ per gente che mette libri e gente che ne prende, idea geniale del comitato di quartiere". Ma c’è anche l’Aiuola delle Meraviglie, con una magnolia spettacolare. "Ogni dieci metri - commenta l’amico, e qui ci salutiamo, - si inciampa in una vetrina, in un ristorante. Oggi via Orti è un po’ medina un po’ Carnaby Street...".