Esplosione di via Brioschi, i genitori delle vittime: "A noi l’ergastolo del dolore"

In Appello riduzione della pena da ergastolo a 30 anni per Giuseppe Pellicanò

Francesca Faiadini e Alessia Masella, parenti delle vittime

Francesca Faiadini e Alessia Masella, parenti delle vittime

Milano, 18 ottobre 2018 - «Trent'anni? Ergastolo? A noi a questo punto cambia poco, i nostri figli non torneranno più e il nostro ergastolo, quello del dolore, lo abbiamo già avuto e lo stiamo già scontando. Qui ci sono tante vite distrutte, la sua (di Giuseppe Pellicanò) quella di chi non c’è più e quella di chi ora ha il difficile compito di restare e imparare a sopravvivere ogni giorno a un dolore che toglie fiato. Ma quando la difesa ha parlato di speranza per il futuro, riferendosi a un uomo che ha lucidamente pensato e messo in pratica una strage, noi che dobbiamo dire? Che speranza c’è stata per i nostri figli e che speranza c’è ora per noi?».

È Francesca, mamma di Riccardo Maglianesi a parlare per prima dopo la sentenza di condanna a 30 anni per strage e devastazione a carico di Giuseppe Pellicanò.La mattina  dello scoppio dell’appartamento di via Brioschi rimase uccisa la moglie del pubblicitario Micaela Masella, ustionate le due figlie di 10 e 6 anni, morirono schiacchiati dalle macerie due ragazzi che avevano l’unica colpa di abitare nell’appartamento confinante la cucina in cui era stato manomesso il gas. I due fidanzati, di 28 anni, Riccardo Maglianesi e Chiara Magnamassa. «Il giorno della strage – racconta ancora – io e mio marito stavamo salendo a Milano da Macerata, la sera avevamo organizzato una cena per festeggiare Riccardo che il giorno dopo avrebbe iniziato a lavorare in una banca d’affari e Chiara, che da tre giorni lavorava nello show room di Luisa Beccaria. Erano felici e noi con loro. Invece, arrivati a Milano, quello stesso giorno, quella stessa sera, abbiamo trovato i nostri figli coperti da un sacco nero, di quelli usati per l’immondizia. Poi li hanno ricomposti e ce li hanno fatti vedere dietro un vetro, non ci potevamo avvicinare, nemmeno una carezza. Li abbiamo visti per l’ultima volta così, Riccardo era il mio unico figlio».

«La prima volta che ho visto in faccia Pellicanò – dice la mamma di Chiara – mi sono sentita male, hanno dovuto portarmi fuori dall’aula. Per me lui non si è mai pentito. Quello voleva e quello ha fatto. Io non sono morta di dolore solo perché sono credente e mi conforta la fede, ogni attimo della mia vita penso a Chiara, so che lei mi avrebbe guardata con la sua gioia e mi avrebbe detto: mamma non fare così, vai avanti. Ecco, sono qui per lei. E se lui si fosse pentito veramente avrebbe rinunciato all’appello, ci avrebbe risparmiato questa ulteriore sofferenza. «Invece – continua la mamma di Riccardo – ci ha mandato una lettera in cui non chiede perdono, non mostra nessun segno di pentimento, ma ci dice di capire la sua situazione perché lui non vedrà più le sue figlie. Lui».

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