Gli abiti usati fanno un lungo viaggio dopo la raccolta differenziata e sono una vera "montagna" destinata ancora di più ad ingrossarsi, avendo l’Italia anticipato al 2022 l’avvio della raccolta differenziata per i tessili. Il trend peraltro è in crescita da tempo. Il fast fashion – l’abbigliamento a poco prezzo che dura il tempo di qualche lavaggio – alimenta l’"obsolescenza programmata" dei capi. Secondo il rapporto su “L’Italia del Riciclo 2021“ pubblicato da Fondazione per lo Sviluppo sostenibile e Unicircular, dal 2010 al 2019 le frazioni tessili fra i rifiuti urbani in Italia sono aumentate del 227%.
Solo a Milano città sono circa quattromila le tonnellate raccolte ogni anno dalla cooperativa Vesti Solidale che, assieme a Città salute, è partner di Amsa nella gestione del servizio di raccolta presente già dal 1998. Gli abiti usati a Milano sono depositati in 400 contenitori gialli stradali, svuotati dagli operatori della cooperativa quattro volte alla settimana: i rifiuti tessili vengono trasportati tramite furgoni all’impianto per lo stoccaggio e il trattamento a Cinisello Balsamo. Qui avviene una prima cernita.
"Solo una piccola parte – meno del 10%, circa 400 tonnellate se parliamo di Milano - viene selezionato per essere venduto nella nostra catena di second hand store: capi in perfette condizioni, di buona qualità o dei brand più famosi", precisa Carmine Guanci, fondatore della cooperativa sociale Vesti Solidale e coordinatore della Rete Riuse che comprende le cooperative operanti, in collaborazione con Caritas, nelle diocesi di Milano, Bergamo e Brescia.
I negozi di Vesti Solidale si chiamano Share (a Milano sono tre) e dietro il bancone sono inseriti anche stranieri maggiorenni, arrivati in Italia qualche anno prima come minori non accompagnati. Il ricavato delle vendite serve a finanziare progetti sociali: "L’anno scorso nella sola diocesi di Milano abbiamo destinato 280mila euro per 14 iniziative sul territorio come case di accoglienza e servizi per persone in difficoltà. La nostra filosofia è unire economia circolare e solidarietà. Dei nostri 101 lavoratori, 34 sono soggetti svantaggiati, come disabili ed ex detenuti" prosegue Guanci. La maggior parte degli indumenti usati raccolti a Milano è venduto a impianti di trattamento, ubicati in Toscana e Campania, dove avviene un’ulteriore selezione. Una consistente percentuale degli abiti è avviato al riuso all’interno di un circuito non solo italiano. "Ci sono capi che da noi sarebbero considerati privi di standard adeguati ma che in Africa e Sud America hanno mercato", rivela il responsabile.
Secondo il report "L’Italia del riciclo 2021" il 68% dei rifiuti tessili della differenziata è riutilizzato nei cicli di consumo in Italia o all’estero. Il 29% è riciclato per ottenere pezzame o materie prime seconde nell’industria. Circa il 3% è destinato allo smaltimento. Il Pnrr prevede finanziamenti per la creazione di textile hubs con l’obiettivo di arrivare al 100% di recupero: un hub enorme sorgerà a Prato. Ma anche il milanese avrà il suo impianto. "Stiamo costruendo un hub da 5mila metri quadri a Rho che sarà pronto nel 2023: dotato di nuove tecnologie sarà in grado di raccogliere tutta la frazione tessile di Milano e provincia", conclude Guanci.
Annamaria Lazzari