Milano, Vallanzasca ci riprova: "Scarceratemi"

L’ex bandito della Comasina chiede la semilibertà. L’anno scorso il "no" per non aver chiesto perdono

Vallanzasca

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Milano, 20 novembre 2019 -  Il “bel René“ ci riprova. L’ex boss della Comasina, protagonista della mala milanese degli anni ’70 e ’80, ha presentato una nuova richiesta di semilibertà, dopo che il Tribunale di Sorveglianza di Milano aveva respinto una prima istanza, il 20 aprile dell’anno scorso, motivando il “no” con il fatto che Renato Vallanzasca «non ha mai chiesto perdono» né risarcito i familiari delle vittime, e non ha dimostrato una «effettiva e totale presa di distanza dal vissuto criminale».

Ieri la prima udienza (lui non era presente), ma la strada per uscire dal carcere di Bollate potrebbe non essere breve. Il prossimo incontro, infatti, è stato fissato a marzo. Condannato a 4 ergastoli e 296 anni di carcere e con un «fine pena: mai», Vallanzasca aveva incassato il pollice alzato dell’equipe di esperti del carcere di Bollate, che in una relazione avevano messo in evidenza il suo «cambiamento profondo», «intellettuale ed emotivo», specificando che «non potrebbe progredire» continuando a stare in cella, dopo 46 anni di detenzione.

La stessa casa di reclusione, quindi, consigliava la concessione della liberazione condizionale, ossia di dargli la possibilità di finire di scontare la pena fuori dal carcere in libertà vigilata. Ma i giudici avevano bocciato la richiesta presentata dal legale di Vallanzasca, l’avvocato Davide Steccanella, che ora ha ripresentato l’istanza anche sulla scorta del proseguimento di un «percorso positivo» in carcere. Al “bel René“, nel 2013, era già stata offerta la possibilità di godere della semilibertà, che consente di trascorrere la giornata fuori dal penitenziario per lavorare con l’obbligo di rientrare la sera. Possibilità mandata in fumo dalla rapina impropria in un supermercato che gli costò l’arresto e una condanna a 10 mesi di reclusione.

L’ex boss ormai 69enne era stato sorpreso, il 13 giugno 2014, mentre rubava all’Esselunga in viale Umbria, a Milano, due paia di mutande, concime per piante e delle cesoie. Una tentata rapina impropria, così qualificata dai magistrati perché tentò di intimidire uno dei vigilanti, per un bottino del valore di 66 euro. Un’accusa ridicola se paragonata al suo curriculum criminale («io indosso solo mutande di Versace», si era difeso in aula): il “bel René“ aveva inquadrato come un misterioso “complotto” l’episodio che ha pesato come un macigno sui successivi tentativi di riottenere il beneficio revocato subito dopo l’arresto in flagranza. La prima richiesta di liberazione condizionale e semilibertà presentata l’anno scorso, infatti, è stata bocciata anche a causa di quel precedente.

Decisione poi confermata dalla Cassazione, che ha ritenuto «infondato» il suo ricorso. L’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, scrive la Suprema Corte, opera «un’attenta ricognizione sia della biografia penale del condannato, in sé davvero imponente, sia del processo di affrancamento e di recupero che Vallanzasca ha rispetto ad essa indubbiamente e da tempo avviato (...) processo non esente, tuttavia, da incertezze e profonde contraddizioni, il cui apice è rappresentato dalla non remota recidiva delittuosa», cioè la rapina impropria all’Esselunga. Nel frattempo l’ex “re della Comasina” si è separato dalla moglie, Antonella D’Agostino, amica d’infanzia del Giambellino con cui poi aveva riallacciato i rapporti quando si trovava già in cella. La relazione era sfociata nel matrimonio, in gran segreto, il 5 luglio del 2008. Ora per Vallanzasca si apre un nuovo round, nel tentativo di ottenere una libertà “parziale”, a quasi 70 anni, dopo aver trascorso gran parte della sua vita dietro le sbarre.

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