REDAZIONE MILANO

Un’oasi di vita universitaria nel lockdown

L’85% degli studenti residenti nei collegi ha deciso di restare anche quando gli atenei erano chiusi

"Ho scelto Milano perché è una città che permette ad una studentessa come me di ampliare i propri orizzonti sia accademici che personali": Chiara Petagine, 21enne di Novara, frequenta il secondo anno di università, studia Lingue e Letterature straniere e vive nel Collegio Viscontea. "Ho toccato con mano da subito quanto sia una città che si può vivere su vari livelli, quello universitario, culturale e relazionale. Tanti piccoli pezzi di un mosaico, che mi hanno affascinato". racconta. Ha scoperto la Fondazione Rui perché già il papà aveva studiato a Milano e viveva a Torrescalla: "In collegio abbiamo la possibilità di stare accanto a tanti altri ragazzi, provenienti da contesti diversi, è un’esperienza davvero arricchente, che ti consente di non focalizzarti solo sul “tuo mondo” ma di aprirti. In più durante il periodo di quarantena siamo stati gli unici a poter vivere in un ambiente davvero universitario". Nel secondo lockdown è rimasta lì. Come Enrico Conforto, suo coetaneo, residente a Castelbarco. "Si tratta davvero di ambienti improntati al merito, in cui si stimola la crescita della persona a 360° gradi – spiega –: dal punto di vista accademico, professionale e umano. Ho inoltre apprezzato il grado di libertà con cui ogni allievo della Fondazione Rui può personalizzare il proprio percorso di crescita".

Nel primo lockdown Enrico era tornato in Piemonte. "Poi ho scelto di rimanere a Milano per la maggior parte del tempo durante gli ultimi 12 mesi proprio per condividere con i miei coetanei il percorso di crescita comune all’interno degli ambienti della residenza – ricorda –. Abbiamo infatti conservato, pur nello scrupoloso rispetto di tutte le normative sanitarie, occasioni di socialità che altrimenti sarebbero mancate".

Si.Ba.