Uno Bianca, il reclamo di Fabio Savi: il 'lungo' ora chiede un lavoro esterno

È in carcere a Bollate col fratello Roberto, co-fondatore insieme a lui del gruppo responsabile di 103 crimini

Fabio Savi e, dietro, il fratello Roberto

Fabio Savi e, dietro, il fratello Roberto

Milano - Il 'lungo' della banda della Uno Bianca, Fabio Savi, dal carcere di Bollate ha fatto domanda di lavoro esterno. Richiesta rigettata. Davanti ai giudici di Sorveglianza di Milano è stato discusso il reclamo: il tribunale si è riservato la decisione.

Fabio Savi, classe 1960, è il co-fondatore - insieme al fratello maggiore Roberto - della banda che tra il 1987 e il 1994 è stata ritenuta responsabile di 103 delitti, della morte di 24 persone e del ferimento di altre 114 fra l’Emilia Romagna e le Marche. È l’unico non poliziotto del gruppo criminale anche se, da giovane, fece domanda pure lui per indossare la divisa: istanza che venne bocciata per un difetto alla vista. Dai 14 anni in su passò da un lavoro saltuario all’altro, facendo parlare di sé per il suo carattere spavaldo e aggressivo.

Secondo l’accusa, di quei 103 crimini non ne perse uno, sempre in compagnia del fratello Roberto, arrestato prima di lui e con cui adesso condivide il carcere: sono reclusi a Bollate. A quanto risulta, entrambi - condannati all’ergastolo - non hanno fino ad oggi usufruito di benefici mentre il terzo fratello, il più piccolo, Alberto, da qualche anno gode di permessi premio, in Veneto. Nel 2009, dopo un mese di sciopero della fame - per chiedere di essere trasferito in un carcere più vicino alla sua famiglia e la possibilità di lavorare - venne ricoverato nell’ospedale di Voghera. L’anno dopo venne trasferito nel carcere di massima sicurezza di Spoleto. Nel 2014 chiese di poter usufruire a posteriori del rito abbreviato, che avrebbe trasformato l’ergastolo in trent’anni di carcere. Richiesta respinta dalla Corte d’assise di Bologna. 

Proprio in questi giorni si è chiusa la digitalizzazione dei fascicoli processuali sulla banda della Uno Bianca. "Sono assai contento che a breve tutti possano consultare e studiare gli atti delle indagini sulla Uno Bianca. Ci si renderà conto dell’immane sforzo da me svolto all’epoca per seguire tutte le possibili ipotesi investigative, comprese le più improbabili e fantasiose. Spero che all’esito la verità stabilita dalle sentenze sia valutata con rinnovata attenzione e oggettività", ha sottolineato Valter Giovannini, ex procuratore aggiunto di Bologna, che da pubblico ministero condusse l’accusa nel processo sui delitti bolognesi del gruppo capeggiato dai fratelli Savi.

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