Comunità ebraica di Milano, lettera di Walker Meghnagi al rettore: sconforto per quello che accade alla Statale

Il presidente contro l’assemblea di domani su “colonialismo e apartheid” per per spacciare la bugia che lo Stato di Israele sia uno stato coloniale e razzista in cui vige l'apartheid

Walker Meghnagi (nel riquadro) e l'occupazione degli studenti

Walker Meghnagi (nel riquadro) e l'occupazione degli studenti

Milano, 15 maggio 2024 –   Amarezza, sconforto e critica.  Il presidente della Comunità ebraica di Milano, Walker Meghnagi, ha scritto una lettera al rettore dell' Università Statale, Elio Franzini, in cui esprime “sconforto mio personale e della comunità ebraica di Milano a fronte dell'ennesimo episodio di cui l' università è palcoscenico”.

Domani infatti come spiega Meghangi si terrà nell'ateneo “un'assemblea “colonialismo e apartheid” nell'aula 515 con la partecipazione ufficiale di due docenti della Statale per spacciare la bugia che lo Stato di Israele sia uno stato coloniale e razzista in cui vige l'apartheid”. Intanto "manifestanti filo palestinesi sono accampati nel cortile dell' università contro ogni regolamento e creando un clima di tensione”.

Meghnagi cita poi il confronto avuto alcuni mesi fa con il rettore sul convegno svoltosi a Scienze politiche sul conflitto tra Israele e Hamas il 5 marzo, "che ha visto la partecipazione di noti esponenti antisraeliani. In quell'occasione lei mi ha garantito che la Statale fosse aperta a ospitare tutte le voci e che avrebbe organizzato un convegno per consentire al punto di vista israeliano di essere ascoltato dagli studenti”. Ma “tale convegno previsto per il 7 maggio non si è potuto tenere se non online”.

"Non le chiediamo di difendere Israele, ma più semplicemente il diritto degli studenti a sentire opinioni differenti - conclude -. Abbiamo ben presente le difficoltà a cui potrà andare incontro, ma crediamo anche che chiudere il suo rettorato con un'iniziativa che vada a tutela della libertà di espressione applicata “perfino” al mondo ebraico possa essere non solo un atto moralmente alto, ma anche un segnale ai tanti che hanno festeggiato l'annullamento del convegno e che sempre più si sentono legittimati a usare le maniere forti per imporre il loro pensiero”.